Presa di posizione congiunta di Cc-Ti, AITI e SSIC Sezione Ticino all’attenzione della Sezione dello sviluppo territoriale del Dipartimento del territorio, in relazione alla consultazione della Revisione della Legge sullo sviluppo territoriale.
In generale
In primo luogo, pur consapevoli che tale aspetto dipende sostanzialmente dal diritto federale, siamo di principio contrari all’introduzione dell’obbligo di costruire, trattandosi di una grave restrizione della garanzia costituzionale della proprietà privata. La nostra opposizione include anche le modalità con cui tale obbligo è stato concretizzato, ossia l’istituzione di un diritto di compera a favore dei Comuni (sul quale ritorneremo in seguito con osservazioni di dettaglio). In tal senso, per garantire il raggiungimento dei fini posti dalla legge federale, segnatamente per garantire uno sviluppo centripeto dell’attività edificatoria, ci chiediamo se non esistano alternative meno restrittive di un diritto di compera come ad esempio un semplice diritto di prelazione. Infatti, a differenza del diritto di compera, un diritto di prelazione permetterebbe all’ente pubblico di intervenire e di procacciarsi un immobile che il proprietario è comunque già intenzionato a vendere. Una simile fattispecie permetterebbe di meglio equilibrare interesse pubblico e garanzia costituzionale delle proprietà.
Secondariamente, proprio per attenuare gli effetti di un tale stravolgimento del concetto di proprietà privata, chiediamo che le modifiche della legge in consultazione vengano applicate solamente alle situazioni future. In altre parole, solo in caso di nuovi azzonamenti deve essere possibile intervenire con i nuovi strumenti previsti dalla legge. Ciò permetterebbe di tutelare situazioni acquisite, soprattutto considerando che gli attuali proprietari non potevano prevedere un simile sviluppo della normativa in materia di pianificazione.
In particolare
In via subordinata, ossia nel caso in cui si persistesse nel voler introdurre un obbligo di costruire, formuliamo le seguenti osservazioni particolari.
- Il diritto di compera non è lo strumento adeguato alla fattispecie
Un aspetto critico riguarda quanto previsto in caso di mancato accordo tra Comune e proprietario.
Infatti l’art.87b cpv.2 indica che se il proprietario e il Comune non raggiungono un accordo, al Comune spetta un diritto di compera.
Ora, il diritto di compera è un istituto del diritto privato che presuppone un previo accordo tra le parti, segnatamente sul prezzo dell’immobile da trasferire. Ma la fattispecie indicata nel progetto di legge si riferisce invece ad una situazione in cui le parti l’accordo non l’hanno trovato. E quindi, come è possibile immaginare un diritto di compera? Chi stabilirebbe il prezzo?
Per questa ragione riteniamo che, a garanzia del proprietario, sia più opportuno, e logico dal profilo giuridico, immaginare una procedura espropriativa, che garantisce perlomeno un sistema per una corretta valutazione del prezzo dell’oggetto, oltre a che una procedura ben regolamentata.
In ogni modo i criteri per determinare il prezzo vanno inseriti nella legge, a garanzia di stabilità e prevedibilità, e non in futuri regolamenti che l’esecutivo può liberamente modificare.
Come già detto, un obbligo di edificare rappresenta una grave limitazione del diritto costituzionale alla proprietà. Deve quindi poggiare su interessi pubblici preponderanti e rispettare il principio di proporzionalità.
Il concetto di interesse pubblico assume un’importanza particolare ad esempio in relazione agli spazi sfitti. Infatti non appare in alcun modo giustificato prevedere un obbligo di edificare se il mercato offre già sufficienti riserve non utilizzate, come peraltro già rilevato dal medesimo Dipartimento in altri documenti ufficiali.
Per queste ragioni si chiede che il progetto di legge faccia esplicito riferimento al principio di interesse pubblico, sia in relazione al principio (art. 87a), sia alla successiva attuazione pratica (art. 87 b e c).
Il Comune deve infatti valutare concretamente la situazione esistente al momento dell’inserimento del fondo nei luoghi definiti strategici, sia al momento dell’attuazione della sanzione, che potrebbe differire di alcuni anni rispetto all’adozione iniziale del piano regolatore.
Anche in caso di inadempimento dell’accordo raggiunto dalle parti, il progetto di legge prevede che al Comune spetti un diritto di compera.
Si è già detto sopra dell’inadeguatezza del diritto di compera per una fattispecie di questa natura.
Inoltre, nel caso di inadempimento alla base vi è comunque un accordo già raggiunto dalle parti, solo che, dopo la conclusione, il proprietario non procede al relativo adempimento. La conseguenza logica dovrebbe quindi essere che il Comune chieda giudizialmente l’adempimento di quanto pattuito, come succede nel caso di tutte le inadempienze contrattuali. Non vi è pertanto alcuna ragione di offrire al Comune un diritto di compera, di per sé inadeguato (vedi sopra), se ciò non è stato previsto nell’accordo raggiunto.
In altre parole, in caso di inadempimento il Comune deve poter chiedere l’adempimento di quanto stabilito nel contratto. Nulla di più.
- L’ente pubblico deve avere già un progetto concreto
Infine, riteniamo che quando l’ente pubblico dovesse prevedere di inserire nel piano regolatore una limitazione del genere a danno dei proprietari, deve già sapere in modo molto concreto che tipo di progetto andrebbe edificato nelle zone individuate.
Infatti come è possibile obbligare un privato a costruire se non gli indico cosa dovrebbe costruire?
In altre parole, il Comune che dovesse procedere ad istituire un obbligo di edificare, dovrebbe indicare con precisione e concretezza (in modo analogo a quanto si chiede ai privati per una domanda di costruzione) i dettagli del suo progetto. È infatti per noi inimmaginabile che l’ente pubblico possa intervenire a restringere in tal modo il diritto alla proprietà sulla base di desideri generici e poco concreti.