Serata imprenditori del Comune di Mezzovico-Vira del 06.11.2024

Uniti nel presente per decidere il nostro futuro (COMUNICATO STAMPA)

Serata di grande significato quella del 06 novembre scorso per il Municipio.
Era infatti previsto il tradizionale momento che il Comune di Mezzovico-Vira dedica, dal 2009, con scadenza biennale, agli imprenditori attivi sul suo territorio.
Una serata pensata espressamente per ribadire la vicinanza dell’Autorità politica al proprio mondo industriale e sottolineare il felice connubio con lo stesso sin dai primi anni ’70.

Per rafforzare ancora di più questo sentimento di unione l’incontro è stato organizzato, simbolicamente, in collaborazione con la Camera di Commercio e dell’Industria del Canton Ticino con la presenza sia del suo Direttore Luca Albertoni sia del CSR Manager Gianluca Pagani quali graditi relatori; proprio a sottolineare come la collaborazione e il dialogo tra tutti gli attori potrà contribuire ad affrontare in maniera proattiva il futuro prossimo del mondo economico ed industriale ticinese.

Anche in questa occasione l’interesse suscitato è stato grande, con più di novanta partecipanti in rappresentanza di svariati settori economici,  sicuramente attratti anche dai temi di attualità proposti per questa occasione ovvero “L’andamento dell’economia ticinese in un contesto sempre più instabile” presentato appunto dal Direttore della Camera di Commercio e dell’Industria Luca Albertoni  e “gli strumenti messi a disposizione delle imprese da parte della Camera di commercio per gestire al meglio le questioni legate alla responsabilità sociale delle imprese” esposti dal CSR Manager Gianluca Pagani.

Il Sindaco Mario Canepa, visibilmente soddisfatto per la folta presenza ha voluto sottolineare, a questo proposito <<la determinazione e la forza d’animo che gli imprenditori hanno nel portare avanti, in situazioni non sempre facili, lo scopo aziendale, indicando  inoltre che  << ben conscio della qualificata realtà industriale, che ha fatto conoscere in maniera positiva il nome di Mezzovico-Vira in Ticino, in Svizzera e in molti importanti paesi all’estero,  il Municipio è sempre ricettivo e ben disposto nel sostenere progetti concreti. Occasioni come questa favoriscono il rafforzamento e il dialogo tra ente pubblico e privato; due mondi che, purtroppo e per svariati motivi, viaggiano a velocità diverse>>.

Al termine degli interventi i presenti hanno potuto continuare la serata in maniera conviviale con un ottimo aperitivo-cena offerto, occasione propizia per uno scambio di idee e approfondimento delle conoscenze reciproche, in un clima gioviale e rilassato, tra le diverse realtà economiche e politiche che hanno partecipato alla serata.


Comunicato stampa – Comune di Mezzovico-Vira

107esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti

Comunicato stampa

Da sin. L. Albertoni, L. Guzzella, C. Maderni, A. Gehri

La tesa situazione internazionale continua a creare incertezza e si confermano alcuni segnali di difficoltà che inducono le aziende, soprattutto nel settore manifatturiero, a una certa prudenza, già manifestata lo scorso anno. È una tendenza che riguarda tutta la Svizzera e non solo il Ticino. Non si tratta di una situazione allarmante, ma che necessita comunque di attenzione. Il tessuto economico ticinese molto diversificato permette comunque di attenuare eventuali tendenze negative che dovessero manifestarsi nel prossimo futuro.


La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto oggi, 18 ottobre 2024, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 107esima Assemblea generale ordinaria.

L’evento si è svolto con il supporto dei due sponsor principali EFG Private Banking e Swisscom.

Alla presenza di circa 350 partecipanti, l’Assemblea ha nominato nell’Ufficio presidenziale (composto di 21 elementi in rappresentanza di tutti i settori economici del Cantone) Massimo Cereghetti, nuovo Presidente della Società svizzera degli impresari costruttori, Sezione Ticino (SSIC-TI), che sostituisce l’uscente Mauro Galli.
Dopo i lavori assembleari vi sono stati gli interventi del Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni, del Professore emerito e già rettore del Politecnico federale di Zurigo Lino Guzzella, che poi ha dibattuto con Presidente delle Cc-Ti, Andrea Gehri, il Consigliere agli Stati Fabio Regazzi e il Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta.

Cinque anni dopo

Il Direttore Luca Albertoni, introducendo il Professor Guzzella, ha invitato a mantenere una visione di sistema che non dovrebbe essere annebbiata dalle discussioni sulle questioni più locali. La dipendenza dall’andamento di partner commerciali importanti come la Germania, gli Stati Uniti e la Cina ha un’influenza che deve essere tenuta in considerazione.

A cinque anni esatti dal suo primo intervento all’Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti. Il Professore emerito Lino Guzzella ha analizzato la situazione elvetica e del Ticino dopo la crisi pandemica e quella energetica causata anche dagli scenari di guerra attuali. Egli ha sottolineato i noti punti forti della Svizzera, come la buona situazione finanziaria, l’alto livello di formazione e innovazione, sebbene anche in questi ambiti siano in atto cambiamenti importanti che devono indurre a non dare nulla per scontato e acquisito. Ha pure sottolineato le potenzialità del Ticino quale piazza idonea a proporre progetti di rilevanza nazionale.

Alla presentazione del Professore emerito Lino Guzzella, è seguita una tavola rotonda che lo ha coinvolto insieme al Presidente della Cc-Ti Andrea Gehri, al Consigliere agli Stati Fabio Regazzi e al Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento finanze ed economia Christian Vitta.

La vivace discussione ha portato ad approfondire temi di natura cantonale, federale e internazionale. Il Presidente della Cc-Ti Andrea Gehri ha sollevato diverse questioni che preoccupano l’imprenditoria ticinese, dalla situazione politica confusa, alla questione demografica e alla difficoltà di reperire manodopera, in un contesto sempre più burocratizzato. Il Consigliere di Stato Christian Vitta ha messo in evidenza le difficoltà a trovare intese, in particolare sui conti dello Stato, come pure la pericolosa illusione della risposta statale a ogni necessità della società, sottolineando però al contempo le molte iniziative volte a rafforzare il cantone, come ad esempio la creazione dello Swiss Innovation Park. Il Consigliere agli Stati Fabio Regazzi ha dal canto suo ribadito l’importanza della formazione professionale, che continua a giocare un ruolo decisivo in Svizzera e che pertanto non va trascurata. Così come non vanno bloccati progetti infrastrutturali di fondamentale importanza come l’ampliamento della rete autostradale nazionale in votazione il prossimo 24 novembre, poiché la mobilità è un fattore essenziale per il funzionamento del sistema-paese. Infine, tutti si sono detti preoccupati dalla difficile trattativa in corso con l’Unione europea, nostro principale partner commerciale con il quale è essenziale regolare i rapporti. Dal canto suo il Professore emerito Lino Guzzella ha ribadito che l’innovazione che caratterizza la Svizzera va sostenuta continuamente, favorendo in particolare la creatività e che non vi sono cose scontate, per cui occorre essere abili per adattarsi continuamente alle situazioni che cambiano in maniera molto rapida.


Discorsi


L’evento nei media

  • «La prudenza è necessaria, senza però inutili allarmismi», Corriere del Ticino, 19.10.24

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Scoprite gli highlights della serata


Approfondimenti

Leggete quanto emerso nelle precedenti Assemblee:

Discorso del Presidente Cc-Ti Andrea Gehri

Pubblicato in occasione dell’Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti del 18 ottobre 2024

Stimati rappresentanti delle autorità,
cari soci della Cc-Ti,
stimati ospiti,

benvenuti alla 107esima Assemblea generale ordinaria della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino (Cc-Ti), associazione-mantello dell’economia ticinese che rappresenta oltre 60 associazioni economiche settoriali e ca. 1’000 aziende – soci individuali, che nel complessivo danno lavoro a ca. 150’000 lavoratori in Ticino che ci legittimano costantemente a difendere e promuovere condizioni quadro migliori per le aziende, per gli imprenditori e per l’economia in generale.

Il nostro ruolo in un contesto sempre più confuso

Il nostro contributo al dibattito pubblico su temi di economia e finanza è di fondamentale importanza, la visione dell’imprenditrice e imprenditore in un contesto sempre più sfaccettato e ricco di contrapposizioni ideologiche ci impongono spesso prese di posizioni puntuali e giustificate. Purtroppo, stiamo assistendo ad un degrado progressivo della qualità del dialogo che, inevitabilmente provoca confusione e genera insicurezze diffuse nella popolazione. Il nostro compito è anche quello di riportare la linea del ragionamento in termini razionali, pratici e a difesa del tessuto economico ticinese che, è bene ricordarlo, genera valore, posti di lavoro e il benessere di cui beneficiamo tutti. Un recente esempio interessante è stato quello del sostegno della recente riforma fiscale dove in qualità di promotori e attraverso un lavoro minuzioso di comunicazione siamo riusciti, compattando il fronte economico cantonale, a spiegare compiutamente le misure contenute nella riforma stessa, giustificando punto per punto la legittimità e la bontà delle misure varate. Ecco un esempio pratico di azione a favore della collettività e non soltanto a sostegno dell’economia.

È innegabile che l’economia del Canton Ticino stia affrontando molte sfide, ma ci sono anche segnali di opportunità e di positività che sarebbe sbagliato ignorare, a meno di voler fare del catastrofismo un dogma inattaccabile per meri scopi politici.

Il nodo dei conti pubblici

Partiamo dall’analisi delle finanze pubbliche che soffrono per i continui disavanzi e crescita della spesa pubblica che, senza interventi strutturali importanti e incisivi atti al contenimento e al ritorno in equilibrio, costituiranno anche per l’economia privata una zavorra e un handicap destinato a incidere negativamente sull’evoluzione del tessuto economico ticinese.

In particolare, conti pubblici contraddistinti da continui disavanzi incidono pesantemente:

  • sulla riduzione degli investimenti per infrastrutture e servizi pubblici, il che potrebbe rallentare lo sviluppo economico del cantone e influire negativamente sulla qualità di vita dei cittadini
  • sull’aumento del debito pubblico che in Ticino potrebbe superare i 2.7 mia. di CHF entro la fine del 2024, aumentando il carico finanziario futuro e limitando la capacità di Cantone e Comuni di finanziare nuovi progetti infrastrutturali;
  • nel varo di misure di austerità per riequilibrare i conti e quindi indurre il governo ad implementare tagli importanti e dolorosi alla spesa pubblica, oltre che pensare ad aumenti di tasse e imposizioni fiscali. Tutte misure che possono impattare negativamente sul potere d’acquisto delle famiglie e sulla competitività delle imprese locali;
  • sulle PMI, le piccole e medie imprese che costituiscono una parte significativa dell’economia ticinese, che potrebbero risentire delle misure di austerità e della riduzione degli investimenti pubblici, con possibili ripercussioni sull’occupazione e sulla crescita economica;
  • sulla crescita economica determinata da una situazione finanziaria instabile che potrebbe creare un clima di incertezza, scoraggiando gli investimenti privati e influenzando negativamente la fiducia dei consumatori e delle imprese.

Risulta pertanto irrinunciabile poter disporre di conti pubblici in equilibrio, sani e che possano promuovere gli investimenti pubblici e privati, senza gravare eccessivamente su cittadini e imprese. Si impone quindi una radicale, approfondita e, a questo punto, imprescindibile analisi dei costi e dei compiti dello Stato, affinché non inghiottano risorse e mezzi sproporzionati e ingiustificati.

Ma questa revisione dei compiti, di cui si parla da decenni ma che nessuno sembra avere il coraggio di affrontare, non può più venir procrastinata. Forse occorre cambiarne il nome, passando a un più semplice “capire chi fa cosa e come”, ma la sostanza non cambia. Questo passaggio costituisce un’urgenza assoluta e dev’essere la prima priorità sull’agenda politica del Governo e del Gran Consiglio. Le nostre aziende, se confrontate con disavanzi tali, sono obbligate ad intervenire e trovare misure di contenimento, pena il fallimento. Lo Stato preleva semplicemente imposte e grava sul bilancio dei cittadini e delle imprese…

Lo Stato dev’essere al servizio del cittadino e delle imprese, ponendosi con efficienza e razionalità alle esigenze comuni e non determinarne un ostacolo invalicabile, addirittura ingombrante.

Una burocrazia troppo invasiva

Oltre alla necessità di poter disporre di finanze pubbliche sane, condizione fondamentale nella gestione dell’economia privata per generare valore, necessitiamo urgentemente anche di una netta e chiara riduzione del carico burocratico e amministrativo a carico delle nostre imprese e cittadini.

Stiamo soffocando a causa di uno Stato sempre più invasivo e costoso che ostacola le imprese e il cittadino a colpi di regolamentazioni, ordinanze, leggi e commissioni create a doc per mettere i bastoni nelle ruote di chi vuol fare.

Una burocrazia pubblica troppo invadente porta con sé diverse conseguenze negative che si possono riassumere principalmente:

  • nel rallentamento dei processi attraverso procedure complesse, lunghe che ritardano l’approvazione di progetti e l’erogazione di servizi, causando frustrazione tra le imprese e i cittadini;
  • nell’aumento dei costi aggiuntivi per le aziende e i cittadini, sia in termini di tempo che di denaro, per adempiere a tutte le formalità richieste;
  • nella riduzione dell’efficienza operativa delle amministrazioni pubbliche, rendendo più difficile la gestione delle risorse e la fornitura di servizi di qualità;
  • nel favorire pratiche illecite e corruzione a fronte della necessità di cercare scorciatoie illegali per accelerare i processi;
  • disincentivando gli investimenti delle imprese che, scoraggiate dall’eccessiva burocrazia, preferiscono mercati e regioni con regolamentazioni più snelle e prevedibili.

La progressiva crescita di sfiducia nelle istituzioni da parte di imprese e cittadini significa far percepire i servizi pubblici come inefficaci e distanti dai propri bisogni, distanziando sempre più l’economia reale da quella pubblica.

Le aziende, le imprenditrici e gli imprenditori necessitano di regole snelle, puntuali ed efficienti affinché possano dedicarsi alle loro attività e generare valore, posti di lavoro e benessere sul territorio.

Gli aspetti positivi

Nonostante queste difficoltà che, purtroppo incidono già ora negativamente sul tessuto socioeconomico del Canton Ticino, vi sono anche iniziative in corso per sostenere l’economia attraverso l’innovazione, la tecnologia e l’intelligenza artificiale che costituiscono con certezza i motori per migliorare l’attrattività economica del nostro Cantone in futuro.

L’economia in Ticino è parecchio diversificata, agile e con eccellenze di primo piano che ha le proprie carte da giocare, affrontando le sfide con determinazione e fiducia nel futuro, innovando e cercando di crearsi nuove opportunità.

Vi sono esempi di aziende e settori economici che dimostrano una capacità di adattamento alle situazioni e alle sfide a loro poste che val la pena di citare.

Il settore della finanza, per esempio, rimane uno dei pilastri dell’economia ticinese e, anche se ha dovuto adattarsi a nuove regolamentazioni e conformarsi ad un contesto economico globale ostile, ha dimostrato di aver affrontato con il giusto piglio la sfida, stabilizzando e rivitalizzando un settore che ora guarda al futuro con maggior ottimismo. Anche il delicato passaggio di Credit Suisse a UBS sta procedendo senza troppi traumi per il mondo imprenditoriale, al di là dei necessari adattamenti che possono creare momenti di incertezza. Certo, la migrazione di determinate competenze verso Ginevra e Zurigo ha un po’ intaccato il terreno delle competenze presenti sul nostro territorio, ma la base per riportare anche la piazza ticinese su un territorio di competitività c’è.

Il turismo è tuttora un settore chiave nel nostro panorama economico e si appresta ad affrontare nuove sfide legate alla diversa mobilità e alle mutate abitudini della clientela nazionale e internazionale.

L’industria manifatturiera è una certezza in Ticino e, nonostante le sfide che pongono le mutevoli e preoccupanti situazioni geopolitiche internazionali e la forza del franco svizzero, contribuiscono in modo significativo al benessere della nostra regione. La produzione di alta qualità e l’innovazione sono punti di forza imprescindibili.

L’industria dei settori della medicina costituisce da anni ormai un fattore di successo della nostra economia. Vi sono realtà ed eccellenze di livello internazionale che hanno i loro quartieri generali in Ticino e sviluppano le loro strategie e modelli di business da noi.

Negli ultimi anni, inoltre vi è stata un’accelerazione e crescita significativa nei settori tecnologici legati alla scienza della vita e al lifestyle che hanno creato importanti e ben remunerati posti di lavoro in Ticino. La strategia di far crescere le competenze attraverso il futuro Swiss Innovation Park, parco dell’innovazione ticinese, che promuoverà con il sostegno della scienza universitaria, del Cantone e dell’economia locale lo sviluppo dei settori economici poc’anzi citati, rappresenta un’opportunità di crescita importante per il nostro Cantone, sempre più inserito nel contesto nazionale e certamente da tempo non più un cantone a traino come molti vorrebbero far credere.

Attraverso l’innovazione e la tecnologia si curano pure la crescita sul territorio di startup che, nonostante le difficoltà del mercato, hanno conosciuto un discreto successo e sono destinate a crescere ulteriormente, rendendo il Ticino un luogo ideale per nuove imprese.

Non vorrei inoltre dimenticare il ruolo determinante delle PMI (piccole medie imprese) sul territorio che rappresentano la spina dorsale dell’economia ticinese. Come nel resto della Svizzera, la stragrande maggioranza delle attività economiche è costituita dalle cosiddette PMI che lavorano costantemente in diversi settori economici (artigianato, edilizia, servizi, turismo, gastronomia, commercio al dettaglio, ecc.) per offrire prodotti e servizi di ogni genere. Queste aziende sono determinanti per l’economia ticinese, dove anche loro saranno confrontate con temi quali l’innovazione, la tecnologia per mantenere e migliorare la competitività sul mercato.

L’importanza di un tessuto economico diversificato

Dopo gli anni dell’euforia generata dal settore finanziario (1970-2000) che, forse anche in modo artificiale, ha illuso sulla possibilità di generare valore per tutti con estrema facilità, ci siamo confrontati con l’esigenza di cambiare modello. Ebbene, il Ticino ha saputo trovare le risorse per creare sul nostro territorio modelli di business diversificati che, oggi rappresentano una ricchezza importante per il territorio. Non più una monocultura economica, ma una diversificazione figlia di imprenditrici e imprenditori che hanno creduto e credono tutt’ora nelle potenzialità del nostro territorio. Le sfide per il futuro non mancano, ma posizione geografica privilegiata, il made in Switzerland, come pure organizzazione e servizi stabili, oltre che una moneta forte come il Franco Svizzero costituiscono basi imprescindibili per qualsiasi azienda che desidera un luogo sicuro dove progredire.

Abbiamo saputo raccogliere anche la sfida della trasformazione digitale, che gioca e giocherà un ruolo cruciale nell’economia ticinese del futuro. Negli ultimi anni, il Ticino ha visto una trasformazione significativa grazie all’adozione di tecnologie digitali. Questo processo ha portato a cambiamenti significativi in vari settori, dall’industria al commercio, migliorando l’efficienza e la competitività delle imprese locali.

Le startup innovative sono particolarmente influenti in questo contesto, introducendo soluzioni tecnologiche all’avanguardia che stimolano la crescita economica e creano nuove opportunità di lavoro.

Inoltre, aspetto estremamente importante, la digitalizzazione ha facilitato la collaborazione tra aziende, università e istituzioni, creando un ecosistema favorevole all’innovazione.

Un esempio concreto è l’uso dell’intelligenza artificiale per la gestione del traffico e le piattaforme di e-commerce che stanno rivoluzionando il commercio locale.

Negli ultimi anni abbiamo assistito a una trasformazione radicale del paesaggio tecnologico in Ticino. L’accelerazione della digitalizzazione ha portato e porterà a cambiamenti significativi in quasi tutti i settori economici, influenzando profondamente la vita quotidiana delle persone.

Ovviamente la trasformazione digitale porterà opportunità di innovazione e crescita economica, ma anche sfide come i rischi per la cybersecurity e la protezione dei dati. Queste sfide saranno ancora tutte da affrontare e da vincere ed è per questo che occorre insistere su condizioni-quadro che facilitino il fare impresa e non ostacolino la creatività. La furia regolatrice che attanaglia molti paesi del nostro continente sta invadendo da tempo anche la Svizzera ed è importante che questa furia venga contenuta. Mi pongo ad esempio qualche domanda sulle regole introdotte dall’Unione europea in materia di intelligenza artificiale. Non è che siano eccessive e frenino l’innovazione? Questo genere di domande occorre sempre porsele quando si vogliono introdurre nuove regole o inasprire quelle esistenti.

Incertezza e furia regolatrice sono due elementi che possono essere fatali per lo sviluppo economico e per gli investimenti, asse portante della competitività della nostra economia e tassello fondamentale per creare e mantenere posti di lavoro. In questi anni le aziende ticinesi, comparate a quelle degli altri cantoni, si sono sempre distinte per capacità e disponibilità agli investimenti, anche molto corposi. E il Ticino in generale continua ad essere un’area di grande interesse per gli investimenti, specialmente nel settore dell’innovazione e delle startup tecnologiche. Negli ultimi anni, il Cantone ha visto una crescita significativa grazie a vari incentivi e supporti offerti dalla mano pubblica. La nostra regione è divenuta un hub per le tecnologie emergenti come l’intelligenza artificiale, la blockchain, il fintech e la biotecnologia. Questo dinamismo attira investitori da tutto il mondo, creando un ambiente fertile per la nascita e la crescita di nuove imprese. Lo stesso governo ticinese ha implementato politiche economiche mirate a sostenere l’innovazione e lo sviluppo sostenibile, con un focus particolare sulla creazione di posti di lavoro e sulla crescita economica duratura.

I poli tecnologici e gli incubatori giocano un ruolo cruciale in questo ecosistema, offrendo risorse, mentorship e opportunità di rete per le startup e le aziende in generale.

Necessità di investimento e innovazione che non risparmia nemmeno i settori economici a trazione, diciamo, più tradizionale come l’edilizia, l’artigianato e altri ambiti che sono pure confrontati con l’esigenza di doversi adeguare all’evoluzione attraverso le nuove tecnologie e implementare investimenti per una migliore gestione ed efficienza. Tutto ciò a significare un dinamismo generale che coinvolge tutta l’imprenditoria ticinese, nessun settore sarà escluso.

Non investire nelle nuove tecnologie e nella digitalizzazione significa dover confrontarsi con conseguenze negative per le aziende e l’economia in generale.

Significa, perdita di competitività, riduzione dell’efficienza operativa, difficoltà nell’attrarre talenti e manodopera qualificata, rischi di sicurezza e, soprattutto un impatto negativo sulla crescita economia dell’azienda e della regione in cui si opera.

Investire in tecnologia non costituisce solo una ragione per rimanere al passo con i tempi, ma è fondamentale per garantire la sostenibilità e la crescita a medio-lungo termine.

In conclusione, auspico che si possa far affidamento in futuro su finanze sane ed equilibrate a livello pubblico, oltre che ad una burocrazia a misura per l’utente, condizioni essenziali affinché anche l’economia privata possa crescere e generare valore, posti di lavoro e opportunità di occupazione per i nostri giovani sul nostro territorio.

E che la discussione politica e pubblica si basi finalmente su fatti e non solo su contrapposizioni ideologiche. Il mondo è sempre più competitivo e più complesso per tutti, imprese, politici, cittadine e cittadini. Senza visioni di sistema, progetti ad ampio respiro, liberi da interessi egoistici, sarà difficile affrontare il futuro. Sarebbe peccato perché il nostro sistema istituzionale ed economico, sebbene messo a dura prova da tante sfide nuove, è solido e ci offre la possibilità di essere attori del cambiamento, non solo di subirlo. Basta volerlo.


Lugano, 18 ottobre 2024

Potenziamento delle autostrade svizzere: un progetto strategico per la mobilità e l’economia del futuro

Votazione popolare del 24 novembre 2024

Si è tenuta ieri sera 16 ottobre 2024, presso il Centro Studi Villa Negroni, una serata di approfondimento in vista della votazione popolare del 24 novembre 2024, che vedrà la Svizzera decidere sul potenziamento della rete autostradale nazionale. L’evento, organizzato dalla Camera di commercio e dell’industria del cantone Ticino (Cc-Ti) e dal Comitato regionale “SÌ – Garantire il futuro delle strade nazionali”, ha visto la partecipazione d’eccezione del Consigliere federale Albert Rösti, di Monika Rühl, Presidente della Direzione di economiesuisse, di Fabio Regazzi, Consigliere agli Stati e Presidente dell’unione svizzera delle arti e dei mestieri (USAM), e di Simone Gianini, Consigliere nazionale e Presidente della sezione Ticino dell’Automobile Club Svizzero ACS.

Vezia: Cc-Ti, serata di approfondimento con il Consigliere Federale Albert Rösti. Nella foto Monika Rühl, Fabio Regazzi, il Consigliere Federale Albert Rösti, Simone Gianini e Luca Albertoni.
© Ti-Press / Pablo Gianinazzi

Nel 2023 la Svizzera è rimasta bloccata negli ingorghi dovuti al traffico per oltre 48’000 ore, oltre il 10 per centro in più rispetto al 2000. I motivi? Nella stragrande maggioranza dei casi, le congestioni dovute al traffico sono da ricondurre a decenni di mancato sviluppo delle infrastrutture. Attraverso sei progetti mirati, Consiglio federale e Parlamento intendono eliminare queste strozzature, modernizzando l’infrastruttura ed evitando che il traffico parassitario si sposti verso le aree residenziali e i villaggi.

La decisione spetta ora al popolo, chiamato ad esprimersi sul Decreto federale sulla Fase di potenziamento 2023 delle strade nazionali il prossimo 24 novembre.

Un investimento strategico per il futuro della mobilità in Svizzera

Introducendo la serata pubblica, il Direttore della Cc-Ti Luca Albertoni ha tenuto a sottolineare che il mondo economico ha sempre sostenuto la complementarità dei mezzi di trasporto pubblico e privato, sostenendo non solo i progetti stradali, ma anche tutti quelli ferroviari, comprese le decisioni per assicurare il finanziamento delle infrastrutture di trasporto pubblico.

Monika Rühl ha confermato la necessità per l’economia svizzera di poter disporre di collegamenti stradali e ferroviari efficaci.

L’ospite d’eccezione, il Consigliere federale Albert Rösti, ha illustrato i dettagli del progetto in votazione, sottolineando l’importanza di una rete autostradale moderna e sicura per affrontare le sfide di mobilità del futuro. Le autostrade svizzere risalgono agli anni Sessanta, un’epoca in cui in Svizzera vivevano circa sei milioni di persone. Oggi la popolazione è salita a nove milioni, con conseguente aumento delle esigenze di mobilità i cui effetti sono evidenti: ingorghi, traffico, costi elevati per popolazione ed economia. “Il potenziamento delle autostrade nei punti critici renderebbe il traffico più scorrevole, senza portare ad ulteriori congestioni e senza gravare sulle tasche dei contribuenti in quanto finanziato dai prelievi sul traffico motorizzato”.

Nel suo intervento, il Consigliere agli Stati e Presidente USAM Fabio Regazzi ha poi ribadito l’importanza economica del progetto, specialmente per sostenere la competitività delle piccole e medie imprese, grazie a collegamenti efficienti che riducono anche i costi logistici.

Regazzi ha inoltre sottolineato l’importanza di un SÌ anche per il Canton Ticino: sebbene il Sud delle Alpi in questa fase non sia direttamente interessato da progetti specifici, poiché una bocciatura alle urne metterebbe a rischio altri progetti che interessano direttamente il Ticino, come ad esempio il collegamento A2-A13 Bellinzona-Locarno.

“Votare SÌ significa sostenere un principio di solidarietà tra regioni: oggi tocca altre aree, domani saremo noi a beneficiarne”, così il Consigliere agli Stati.

Il Consigliere nazionale e Presidente della sezione Ticino dell’Automobile Club Svizzero ACS Simone Gianini ha pure sottolineato che si tratta di una decisione di principio se investire in futuro nelle strade e, quindi, di evitare che progetti futuri di Cantoni oggi non direttamente interessati vengano procrastinati o abbandonati a seguito di un no a questo credito. Ha inoltre evidenziato la necessità di evitare una contrapposizione tra strada e ferrovia. “Non si tratta di scegliere tra il potenziamento delle strade o delle ferrovie: entrambe le infrastrutture sono essenziali e devono lavorare in sinergia per garantire una mobilità efficace e sostenibile.” Gianini ha inoltre posto l’accento sull’aumento della sicurezza stradale che il progetto mira a raggiungere, riducendo i colli di bottiglia e migliorando la gestione del traffico in aree critiche.

Un dibattito costruttivo per il futuro della mobilità svizzera

La serata si è conclusa con una sessione di domande e risposte, durante la quale il pubblico ha avuto l’opportunità di chiarire dubbi ed esprimere opinioni sull’oggetto in votazione. La discussione ha messo in luce l’importanza di una visione condivisa e di investimenti mirati per garantire una rete infrastrutturale al passo con i tempi. La votazione del prossimo 24 novembre sarà un momento decisivo per il futuro della mobilità svizzera. Una rete autostradale moderna rappresenta un’opportunità strategica per l’intero Paese, sia dal punto di vista economico, sia per la sicurezza e la sostenibilità della mobilità.


Approfondimenti: sito Avanzare-insieme.ch del Comitato “SÌ – Garantire il futuro delle strade nazionali”

Inchiesta congiunturale 2024/25

L’inchiesta congiunturale condotta in collaborazione con le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera romanda è giunta alla sua 15esima edizione. È possibile compilare il tutto online su www.enquetecci.ch. Termine: 25.10.2024.

La vostra collaborazione è indispensabile per disporre di dati significativi sull’andamento dell’economia cantonale e poter rappresentare al meglio i vostri interessi. Grazie ai vostri contributi, lo strumento dell’inchiesta congiunturale ha un valore incontestato, poiché i dati sono puntualmente confermati dai rilevamenti ufficiali cantonali e federali.
Oltre alle usuali domande generali riguardanti l’attività aziendale, l’inchiesta pone ogni anno l’accento su un tema di attualità per il territorio. Quest’anno le domande vertono sugli Accordi bilaterali Svizzera – UE

(per ulteriori informazioni sugli Accordi bilaterali visita: www.economiesuisse.ch/it/articoli/bilaterali-iii-di-cosa-si-tratta).        

I risultati dell’inchiesta saranno pubblicati sui nostri usuali canali di comunicazione (Ticino Business, Newsletter, www.cc-ti.ch, Social Media) in forma anonima. Tutti i dati vengono trattati in ottemperanza della legge vigente sulla protezione dati.


Istruzioni per la compilazione:

L’inchiesta deve essere compilata entro il 25 ottobre 2024, attraverso una delle seguenti modalità a vostra scelta:

  • online su www.enquetecci.ch inserendo la vostra SWISSFIRMS ID e la relativa password
  • inviando il formulario in forma cartacea via posta (CP 1269, 6901 Lugano) o via fax al numero 091 911 51 12.
  • via e-mail a: trabucchi@cc-ti.ch

Guten Tag o Auf Wiedersehen?

Quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce

Franco forte, approvvigionamento e costi di materie prime ed energia, tutti temi che da tempo sono diventati di quotidiana attualità quando si parla di economia svizzera, compresa quella ticinese. Può sembrare un’ovvietà perché è chiaro per tutti, o almeno dovrebbe esserlo, che le interdipendenze fra paesi hanno un ruolo centrale nelle dinamiche economiche.
La Svizzera non fa eccezione, ovviamente, visto che gli scambi commerciali per il nostro paese sono vitali. Con l’Unione Europea (UE) che fa la parte del leone, essendo il nostro più importante partner commerciale. Eppure, vi sono dinamiche che stanno cambiando il panorama globale e quindi anche quello dei nostri rapporti con alcuni paesi dell’UE, con conseguenze importanti per le aziende elvetiche.
Chi pensa che il mercato europeo sia facilmente sostituibile con quelli di altri paesi farebbe bene a non illudersi, perché è di fatto impossibile pensare a una sostituzione tout court. Spesso gli spostamenti verso altri mercati fanno registrare qualche punto percentuale sull’arco di anni e comunque non oltre certi limiti che si potrebbero definire fisiologici. Eppure, alcuni cambiamenti meritano un’attenzione particolare, perché le conseguenze sulla nostra economia, anche quella ticinese, possono essere importanti.
Svizzera e Germania, ad esempio, intrattengono relazioni intense in vari ambiti e sono fortemente interconnesse grazie a una lingua comune e a proficui scambi economici, culturali e personali.

Germania-Svizzera non è solo un derby

La situazione della Germania è quindi molto importante per noi, trattandosi di un partner essenziale per l’economia elvetica, soprattutto in ambito industriale. Che siano prodotti finiti o semilavorati e componenti, la Germania, con l’industria automobilistica, ma non solo, è da sempre un riferimento essenziale per le nostre aziende. Oltre a essere (stata) la cosiddetta locomotiva dell’economia europea. Locomotiva però che da qualche tempo sbuffa pericolosamente, perché costretta a trascinare vagoni di oneri sempre più pesanti. E quando la Germania va in difficoltà, negli anni la Svizzera ha quasi sempre pagato dazio. Capita la stessa cosa con l’attuale crisi economica e sociale che sta attanagliando il nostro vicino settentrionale? È interessante rilevare che questa volta la situazione è un po’ diversa dal passato e i motivi sono molteplici.

Le ragioni della crisi tedesca

I nostri colleghi della Camera di commercio e dell’industria tedesca hanno pubblicato recentemente dati molto significativi sulla situazione attuale del loro paese. Secondo un sondaggio condotto su 3’300 imprese industriali, quattro su dieci stanno valutando di ridurre la produzione in Germania o di trasferirla all’estero. Tra le aziende più grandi, con più di 500 dipendenti, più della metà sta addirittura prendendo in considerazione tale trasferimento.
Emerge in particolare, e senza sorpresa, che due elementi essenziali del sistema tedesco sono venuti a mancare: l’energia a basso costo proveniente dalla Russia e le esportazioni, in particolare quelle verso la Cina. È noto che l’industria tedesca dipende fortemente dalla produzione di automobili e dal mercato cinese. Inoltre, la difficile transizione verso le auto elettriche (l’annunciata dismissione di fabbriche della Volkswagen ne è un segnale chiaro), acuisce ulteriormente il fatto che la Cina cresca più lentamente e importi meno.

I colleghi delle Camere tedesche rilevano poi in modo molto critico alcune scellerate scelte in ambito energetico, visto che, dopo la decisione di abbandono dell’energia nucleare, la politica non è finora riuscita a creare le condizioni per un approvvigionamento energetico affidabile e conveniente. I prezzi elevati dell’energia – soprattutto rispetto ai concorrenti americani o asiatici – stanno diventando sempre più un ostacolo alla produzione e agli investimenti. A questi fattori va aggiunto il fatto che per molti anni la Germania ha limitato gli investimenti nelle infrastrutture e ora si trova a dover fronteggiare necessità di spese fuori misura per recuperare il terreno perso.
Taluni servizi sempre più carenti, come le evidenti difficoltà del traffico ferroviario spesso turbato per guasti di ogni genere, sono il segnale inequivocabile di questo ritardo accumulato negli anni.
Fra crescita debole e contrazione della produzione economica, le difficoltà tedesche pesano inevitabilmente su tutta l’economia Europea, compresa quella Svizzera. La riduzione dell’inflazione, un certo aumento dei livelli salariali, una ritrovata sebbene ancora fragile stabilità del mercato del lavoro e un miglioramento dell’approvvigionamento di materie prime fanno sperare che vi possa essere una ripresa. Ma tutto questo è insufficiente a fronte del menzionato nodo dei problemi strutturali, non risolvibili in breve tempo e per i quali sono indispensabili riforme che la politica stenta a fare.

E la Svizzera?

L’industria svizzera di regola risente della debolezza della crescita tedesca, tanto che è noto l’adagio secondo cui “quando la Germania ha l’influenza, la Svizzera tossisce”. Tuttavia, dopo la pandemia di Coronavirus, il quadro sembra essere un po’ diverso. Negli ultimi quattro anni, l’economia svizzera è riuscita a sganciarsi almeno in parte dalle difficoltà tedesche, visto che il prodotto interno lordo svizzero è cresciuto in misura nettamente maggiore rispetto a quello tedesco.
Indubbiamente le aziende svizzere sono state meno colpite dallo shock dei prezzi dell’energia rispetto ai loro concorrenti tedeschi, e i consumatori svizzeri hanno subito un’inflazione significativamente inferiore rispetto ai consumatori dei paesi vicini.
Anche la composizione delle esportazioni elvetiche è cambiata. I prodotti chimici e farmaceutici rappresentano oggi circa la metà di tutte le esportazioni e la loro quota è più che raddoppiata in 20 anni. Questi prodotti sono meno sensibili ai prezzi e ai cicli economici e non sono focalizzati prevalentemente sulla Germania. La dipendenza della Svizzera dalla Germania è quindi sostanzialmente diminuita, visto che la quota delle esportazioni elvetiche verso nord è in continua diminuzione da anni. Vent’anni fa, oltre il 20% delle esportazioni era destinato al nostro vicino settentrionale, oggi ci attestiamo sul 15%. Non a caso, dal 2021, gli Stati Uniti hanno sostituito la Germania, attestandosi quale paese principale partner commerciale della Svizzera.
Non a caso si guarda con legittima preoccupazione a cosa avviene negli Stati Uniti, soprattutto all’esito delle imminenti elezioni presidenziali, alla stabilità del paese e alla relativa politica economica. Una flessione negli Stati Uniti potrebbe incidere tanto quanto le difficoltà della Germania sulla nostra economia, mettendo a dura prova le esportazioni e gli investimenti svizzeri. In questo senso, la nostra economia diversificata presenta indubbi vantaggi, come dimostrato negli ultimi venti anni costellati da crisi di vario genere, che hanno avuto effetti malgrado tutto contenuti per il nostro paese. Ma l’incertezza per l’instabilità di partner così forti come Germania e, in parte, Stati Uniti (senza dimenticare anche la Cina…) ovviamente resta.

E il Ticino?

Perché tutto quanto precede è rilevante anche per il Ticino? Molte nostre aziende esportano direttamente verso i mercati citati oppure, a volte in misura ancora maggiore, operano per aziende svizzere che a loro volta esportano. Quindi, direttamente o indirettamente, l’andamento tedesco e quello americano hanno risvolti importanti anche per la nostra economia cantonale, la cui quota-parte in termini di esportazioni è considerevolmente cresciuta negli ultimi due decenni.
È di fondamentale importanza, oggi più ancora che in passato, osservare analiticamente quanto accade nel mondo perché rilevante anche per l’andamento economico e l’occupazione nel nostro microcosmo.
Spese fuori controllo, ricchezza considerata come scontata, rinuncia a fonti energetiche senza valide alternative, scarsi investimenti e altri errori esiziali dovrebbero costituire un monito per non ripetere gli stessi errori nel nostro panorama cantonale e nazionale.
Oltre a trarre magari qualche insegnamento dalla situazione tedesca, che dimostra come talune decisioni politiche prese con avventatezza e superficialità possono, in poco tempo, retrocedere una locomotiva a semplice vagone.


Campionato svizzero delle competenze imprenditoriali 2024

Il Campionato professionale svizzero dell’imprenditorialità si è tenuto per la seconda volta alla fiera BAM di Berna dal 5 all’8 settembre 2024. Nel corso di quattro giorni, otto squadre provenienti da tutte le regioni della Svizzera hanno affrontato la sfida di sviluppare un’idea imprenditoriale in linea con un obiettivo di sviluppo sostenibile. La manifestazione è sostenuta dalle Camere di commercio e dell’industria svizzere, di cui anche la Cc-Ti fa parte.

Alla competizione hanno partecipato anche due studentesse provenienti dal Ticino, Alessandra Maniezzo e Giada Battaini. Entrambe frequentano il Bachelor of Science in Leisure Management presso la SUPSI.

Durante i 4 giorni gli 8 finalisti hanno dovuto affrontare diverse sfide. L’obiettivo da raggiungere era basato sul rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili. I finalisti sono stati chiamati a sviluppare un’idea imprenditoriale che promuovesse una vita sana per la società nelle città e nelle regioni e che si adattasse all’obiettivo 11 per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU.

Oltre alle sfide principali, che comprendevano la stesura di un budget e la ricerca di mercato, i finalisti hanno dovuto affrontare anche delle sfide intermedie come la produzione di un breve filmato e lo sviluppo di una campagna di marketing per i primi clienti. Nei primi tre giorni, ogni sera, i coach hanno valutato i risultati delle squadre attraverso una serie di criteri in relazione al compito assegnato.

Nel ruolo di coach ed esperto per il Ticino era presente Mattia Bedolla, collaboratore scientifico presso il Centro competenze management e imprenditorialità (CMI) della SUPSI. Insieme agli altri coach ha seguito i finalisti fornendo feedback, rispondendo a domande puntuali e valutando le performance dei partecipanti.

Domenica si è invece tenuto l’atto finale, ovvero la presentazione attraverso un pitch delle idee imprenditoriali sviluppate. La giuria composta da Miriam Gantert (Superloop Innovation), Michael Koch (cofondatore e CEO di HYLL) e Yacine Bouazdia (Università di Scienze Applicate di Berna/Associazione Giovani Imprenditori) ha giudicato le presentazioni.

Domenica pomeriggio i finalisti di EntrepreneurSkills si sono riuniti per la cerimonia di consegna delle medaglie, dove i primi tre classificati hanno ricevuto le congratulazioni della giuria, dei coach e degli ospiti del mondo politico, economico e sociale.

IG EntrepreneurSkills e i suoi partner principali Gebert Rüf Stiftung, Initiative Schweiz e gli altri partner SVC Swiss Venture Club, Camera di Commercio di Soletta e Leadership Lighthouse si congratulano vivamente con il team vincitore composto da Leonardo Soares Sousa, Marlon Liam Mathieu e Alessio Lovatello.La loro idea imprenditoriale innovativa, che promuove l’uso della bicicletta per spostamenti brevi, ha convinto la giuria. Le congratulazioni vanno anche agli altri finalisti, che hanno proposto idee interessanti e che hanno colpito per il loro mindset imprenditoriale. Siamo ansiosi di vedere dove porterà il viaggio di questi giovani imprenditori.

Nell’ambito della sfida, Alessandra Maniezzo e Giada Battaini, hanno sviluppato un’idea di come gli edifici sfitti possano essere utilizzati per la convivenza sostenibile e la coesione sociale nelle regioni. Le studentesse provenienti dal Ticino vorrebbero creare centri comunitari in cui offrire alla popolazione regionale opportunità educative e attività su temi specifici come la biodiversità e l’arte.

IG EntrepreneurSkills

Il gruppo di interesse EntrepreneurSkills è stato fondato nel settembre 2021 da GZS (Gründungsdienstleistungen Kanton Solothurn), SDK (Schweizerische Direktorinnen- und Direktorenkonferenz der Berufsfachschulen), l’Istituto Innovazione e Imprenditorialità Strategica del Dipartimento di Economia dell’Università di Scienze Applicate di Berna (BFH), persone del mondo imprenditoriale e FH SCHWEIZ (organizzazione ombrello per i laureati delle università di scienze applicate). IG EntrepreneurSkills è sostenuto dai partner principali Gebert Rüf Stiftung, Initiative Schweiz e dai partner: SVC Swiss Venture Club, Camera di Commercio di Soletta, Leadership Lighthouse, Microsoft e ON, nonché da altre organizzazioni e fondazioni. IG EntrepreneurSkills è presieduto dal Consigliere nazionale e imprenditore Andri Silberschmidt-Buhofer. L’obiettivo di IG EntrepreneurSkills è promuovere l’imprenditorialità organizzando la competizione EntrepreneurSkills come campionato professionale svizzero (compreso il Campionato SwissSkills). Il Centro Svizzero per il Pensiero e l’Azione Imprenditoriale (szUDH), con sede a Olten, è la forza trainante di myidea Challenge e EntrepreneurSkills. Inoltre, il szUDH è un partner ufficiale svizzero e un attore impegnato nella rete internazionale YouthStart”.

Le Camere di commercio svizzere e altre organizzazioni finanziatrici sostengono l’ulteriore sviluppo di questa iniziativa.

Classifica ufficiale dei Campionati svizzeri delle professioni SwissSkills / Campionato svizzero delle professioni imprenditoriali 2024 

  1. Medaglia d’oro
    Leonardo Soares Sousa – Hergiswil / NW – Uomo d’affari EFZ
    Marlon Liam Mathieu – Adligenswil / LU – Uomo d’affari EFZ
    Alessio Lovatello – Udligenswil / LU – Uomo d’affari EFZ
  1. Medaglia d’argento
    Nico Reist – Aesch / BL – Tecnico elettronico EFZ
    Sven Moser – Bättwil / SO – Tecnico elettronico EFZ
    Marlon Schaad – Therwil / BL – Tecnico elettronico EFZ
  1. Medaglia di bronzo
    Kiran Felice De Simone – Rheinfelden / AG – Uomo d’affari EFZ
    Adrian Valentino Teske – Oberengstringen / ZH – Informatico EFZ

Riforma LPP21

Da tempo le pensioni professionali sono sottoposte a forti pressioni: da un lato a causa dell’invecchiamento della popolazione e dall’altro per ragioni economiche, in particolare la volatilità dei mercati.

La riforma colma le lacune nella previdenza professionale per le persone che lavorano a tempo parziale e per le persone a basso reddito

La riforma AVS21, adottata in maniera restrittiva dal popolo svizzero il 25 settembre 2022, è stata un primo passo verso il risanamento dei fondi pensione.
Il Parlamento a Berna, dopo diverse fasi di deliberazioni ampiamente controverse, ha votato per un compromesso puramente svizzero: Riforma LPP21.
Avendo giudicato il progetto penalizzante per le rendite dei futuri pensionati e delle donne, il sindacato svizzero ha lanciato un referendum e ha raccolto 141.726 firme, motivo per cui il popolo svizzero voterà su questa riforma il 22 settembre 2024.

Anche le donne al centro della riforma

Con questa riforma, verranno migliorati i benefici per i redditi bassi, per le persone che lavorano a tempo parziale e per coloro che svolgono più lavori.
I referendari affermano che la riforma costringerebbe gli assicurati a pagare di più a favore delle rendite basse. Tuttavia, uno studio pubblicato dall’istituto BSS per conto dell’organizzazione femminile Alliance F (che sostiene anche la riforma) rivela che 359.000 persone, tra cui 275.000 donne, riceveranno una pensione più alta se la revisione verrà accettata.
Inoltre, abbassando la soglia di accesso alla LPP da 22.050 a 19.845 franchi e modificando la trattenuta di coordinamento al 20% del salario AVS invece dell’importo fisso di 25.725 franchi, verranno nuovamente assicurati circa 100.000 rendite.
Questo cambiamento non è banale poiché il tasso di povertà al momento del pensionamento scende dal 13,6% allo 0,7% se la persona riceve prestazioni del secondo pilastro.

Migliore occupabilità per gli over 50

La riforma mira anche a rafforzare la posizione degli over 50 nel mercato del lavoro.
Attualmente, i contributi LPP aumentano notevolmente con l’età, rendendo i dipendenti over 50 più “costosi” per i datori di lavoro.
La nuova legge prevede quindi di ridurre i contributi dei lavoratori più anziani abbassando l’aliquota contributiva dal 18% al 14% per la fascia di età 45-65 anni. Per le generazioni di transizione è prevista una compensazione al fine di mantenere le rendite al livello attuale nonostante un’aliquota di conversione ridotta.

Una grande alleanza d’intenti a favore del SÌ

Molte organizzazioni mantello e associazioni economiche come l’Unione svizzera dei datori di lavoro, l’Associazione svizzera degli assicuratori e l’USAM sostengono la riforma. Da notare che anche Alliance F, un’associazione che rappresen- ta la voce delle donne nella politica svizzera, si è espressa a favore di questo progetto.

Sul piano politico sostengono la riforma anche il Centro, l’Udc, il PLR e i Verdi liberali
(https://si-lpp.ch/).

La Cc-Ti si unisce all’alleanza e difenderà la proposta federale al 22 settembre.

Iniziativa sulla biodiversità: intenti lodevoli, mezzi sbagliati

Per l’ennesima volta ci troviamo a dover votare su un’iniziativa molto estrema, camuffata dietro un obiettivo che di per sé è condiviso da tutti. La biodiversità è un capitale naturale per l’economia e va quindi tutelata, ma non attraverso divieti e imposizioni che di fatto limiterebbero in maniera sconsiderata le attività umane. Una protezione efficace della biodiversità implica la conciliazione dei vari interessi cercando l’equilibrio tra le attività economiche e sociali, la produzione agricola nonché la conservazione delle risorse e dei paesaggi. Limitandosi a penalizzare le attività economiche, la proprietà privata e le libertà personali questo scopo non può essere raggiunto.

L’economia sostiene in modo convinto il coordinamento mondiale degli obiettivi e delle misure in materia di biodiversità e quindi l’applicazione della Convenzione internazionale sulla biodiversità ecologica. Tutelare la ricchezza della biodiversità è nell’interesse di tutte le cittadine e di tutti i cittadini e ha innegabilmente anche importanti risvolti economici, Tuttavia, questa tutela deve essere armonizzata con il contesto generale, senza penalizzare in maniera eccessiva altri elementi che contribuiscono a far funzionare il sistema e che quindi sostengono a loro volta il mantenimento della biodiversità.

Nello specifico l’iniziativa vuole limitare gli spazi a disposizione di cittadine e cittadini per promuovere la biodiversità, chiedendo al contempo maggiori mezzi per finanziare quest’ultima. Avantutto è difficile capire come si possa disporre di più mezzi finanziari tagliando le possibilità di esercitare attività economiche in senso lato (comprese quelle culturali, sportive, ecc.), che, è bene ricordarlo, costituiscono la base per la creazione della ricchezza da distribuire affinché si possano svolgere altri compiti. Compresa la protezione della biodiversità.

Inoltre, bloccando di fatto interi paesaggi, località, luoghi storici e monumenti culturali, limitando l’uso delle superfici e del patrimonio edilizio anche al di fuori degli oggetti da proteggere e convertendo ancora maggiori superfici per la promozione della biodiversità ci si muove chiaramente nella direzione di un’esagerata e inaccettabile limitazione anche della proprietà privata. Caposaldo della nostra Costituzione federale, limitabile solo in casi molto eccezionali, questo principio è già stato duramente intaccato dalla sciagurata modifica della Legge federale sulla pianificazione territoriale. Non è il caso di prevedere ulteriori paletti che svuoterebbero ulteriormente il valore di questo principio fondamentale per il nostro Stato di diritto.

Inoltre, una limitazione sproporzionata degli spazi utilizzabili come vuole l’iniziativa, avrebbe conseguenze pesanti anche sull’approvvigionamento energetico, perché bloccherebbe di fatto progetti dedicati alle energie rinnovabili e quindi alla tanto decantata sostenibilità. Un effetto paradossale che sarebbe in contrasto con gli obiettivi della Svizzera di attuare la transizione energetica, aumentando la dipendenza dall’estero e i costi dell’energia a carico di cittadine e cittadini.

Senza dimenticare che l’iniziativa non si riferisce solo alle superfici e alle strutture fuori dalle zone edificabili, per cui sarebbero toccate anche le aree di insediamento. In primis le aziende industriali e artigianali e i proprietari immobiliari. La necessità di inasprire le norme edilizie limiterebbe l’esercizio della proprietà privata in maniera inaccettabile e ne aumenterebbe considerevolmente i costi, con procedure di autorizzazione ancora più macchinose e costose. Dando poi la competenza all’autorità federale e non più ai cantoni, di fatto si cancellerebbe la possibilità di trovare soluzioni flessibili e adatte alla realtà locale e si aprirebbe la via a un esproprio di Stato senza indennizzo. Senza dimenticare poi l’impatto sull’edilizia dedicata al turismo, già oggi confrontata a regole severe e che si troverebbe di fatto ulteriormente limitata nello sviluppo di strutture adeguate. E, non è necessario sottolinearlo in modo particolare perché di meridiana evidenza, gli effetti nefasti sull’agricoltura e sull’economia forestale e del legno metterebbero in ginocchio molti operatori. Aumentando anche qui la nostra dipendenza dall’estero per l’approvvigionamento di alimentari e del legno quale materia prima per edilizia e riscaldamento.

Limitazioni e costi aggiuntivi che ricadrebbero inevitabilmente su tutta la popolazione, visto che l’iniziativa comporterebbe una spesa maggiore per la Confederazione di oltre 400 milioni di franchi. Certo, la biodiversità ha un valore inestimabile, ma non viene tutelata meglio sprecando il denaro dei contribuenti e impedendo loro di produrre mezzi finanziari essenziali anche per la protezione della biodiversità.

L’iniziativa sulla biodiversità va quindi respinta con un chiaro NO.

«Non solo business…»

L’economia per la società

La nostra società sta vivendo una fase di cambiamenti epocali. L’innovazione tecnologica avanza a un ritmo vertiginoso, trasformando il panorama lavorativo: vecchi mestieri scompaiono, mentre nuove competenze emergono. Questo progresso tecnologico non solo rivoluziona l’economia, ma ridisegna profondamente il tessuto sociale, creando opportunità inedite ma anche nuove sfide.

Di fronte a queste trasformazioni, diventa ad esempio imprescindibile ripensare il nostro sistema formativo e colmare la mancanza di manodopera qualificata in molti settori, specialmente in vista dell’imminente pensionamento della generazione dei baby boomer. La necessità di formazione continua e aggiornamento diventa essenziale per restare al passo con i tempi, mantenere la competitività in un contesto internazionale sempre più agguerrito e severo e quindi poter garantire che si possano creare posti di lavoro a beneficio di tutta la collettività.

Il ruolo delle aziende

Ma oggi il ruolo atavico delle aziende, cioè, detto in maniera diretta, ottenere profitto per poter investire e creare posti di lavoro in un’ottica “win-win” per tutti non è più considerato sufficiente.

Dalle aziende si esige un ruolo differenziato, più ampio, che favorisca anche fattori ambientali e sociali, oltre che economici. Elementi richiesti dal mercato, dalle filiere stesse, da chi valuta la propria collocazione lavorativa e dalla politica.

Connotazioni all’apparenza più complesse, ma che in realtà spesso le aziende possiedono e perseguono già, anche inconsapevolmente, nel proprio percorso etico sotto il capitolo della “Responsabilità sociale delle aziende” (o anche CSR secondo la denominazione inglese), concetto tutt’altro che nuovo o vacuo per gli imprenditori.

Nel contesto della CSR, che qualcuno a torto considera come mera operazione di marketing emergono, in realtà da tempo, molteplici comportamenti “virtuosi” (termine abusato e che non utilizziamo con piacere, ma che rende l’idea…), che dimostrano inequivocabilmente il già fattivo impegno dell’economia per la società, ben più ampio di quello tradizionale citato all’inizio del capitolo. Un’evoluzione sostanziale, purtroppo ancora troppo poco percepita nel sentire comune, come ha dimostrato la recente votazione cantonale sulla riforma fiscale. Occasione per gli oppositori alla riforma, dati i carenti argomenti, di rispolverare un noto slogan, secondo cui le aziende “rubano”. Senza distinzioni, verità assoluta tipica del pensiero unico di stampo totalitario.

Frutto d’ignoranza (nel senso etimologico del termine, cioè di mancanza di conoscenza della realtà) e/o di malafede. La campagna di votazione spiega molto ma non può giustificare tutto e le menzogne, gli attacchi personali e gli insulti si sono qualificati da soli. È di fondamentale importanza ribadire alcuni temi concreti, magari meno noti, che vedono le imprese in prima fila e spesso anche promotrici di tematiche e pratiche non direttamente legate alla loro attività di base, ma rilevanti per tutta la società, senza dimenticare comunque che il risvolto economico non può e non deve essere considerato un peccato. Del resto, anche chi continua a voler soppesare con diffidenza il mondo imprenditoriale, converrà che è meglio contare su aziende sane che prosperano e possono contribuire al benessere comune, piuttosto che su società fallimentari e a carico della collettività. A meno di credere ciecamente nel potere taumaturgico dello Stato di sostituirsi all’economia, ma questa è un’altra questione.

La responsabilità sociale delle imprese

Come detto in precedenza, questo concetto può declinarsi in molte maniere e concretizzarsi con differenti modalità. Comportamenti quotidiani, magari non immediatamente visibili, ma che hanno un risvolto rilevante sul benessere di chi lavora nell’azienda. Per far emergere questa realtà, abbiamo sviluppato, con il supporto scientifico della SUPSI e in collaborazione con il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) un modello online di rapporto di sostenibilità, accessibile tramite il link: www.ti-csrreport.ch.

Proprio per dare modo alle aziende di evidenziare, in maniera semplice e diretta, i vari ambiti nei quali il loro impegno va ben oltre quella che gli scettici chiamano pura realizzazione del profitto (che per molti resta comunque ancora e sempre “lo sterco del diavolo”). I dati sono inequivocabili: le aziende ticinesi si collocano a un livello superiore nella media nazionale e manifestano attenzione verso il tema, sulla base proprio dei valori e delle convinzioni della dirigenza stessa. Le misure concrete vanno dalla mobilità aziendale alle buone pratiche.

Ne sono state rilevate ben 138 in 32 diversi ambiti. I dati sono riferiti al periodo pre-pandemico e risultano dalla nostra inchiesta congiunturale del 2020 (link: https://www.cc-ti.ch/risultati-inchiesta-cong-2019-2020/).

Data l’accelerazione di nuove forme lavorative, come lo Smart Working, proprio da quanto vissuto durante la pandemia, i dati oggi sono senz’altro ancora superiori.

Conciliabilità tra lavoro e famiglia

Tema importante nel contesto della CSR e non si può certo dire che le aziende ticinesi non contribuiscano a questa causa. Al di là delle applicazioni pratiche nelle singole imprese, che variano ovviamente a seconda delle dimensioni aziendali e della possibilità di flessibilità organizzativa, è giusto rilevare che l’economia cantonale ha versato, negli anni fra il 2019 e il 2023, qualcosa come 91 (novantuno) milioni di franchi nell’apposito fondo cantonale creato con la riforma fisco-sociale entrata in vigore nel 2018. Mezzi destinati all’assegno parentale e alle misure sulla conciliabilità lavoro-famiglia e più particolarmente al sostegno alla spesa di collocamento dei figli, ai servizi e alle strutture di accoglienza e la sensibilizzazione delle aziende. Oltre alle misure di sostegno ai familiari curanti.

Un impegno sostanziale, fatto anche di sacrificio e consapevolezza, e quando si utilizza la parola “ladri” riferendosi alle aziende magari sarebbe opportuno ridimensionare pregiudizi e “slogan” populisti in virtù di una lettura fattuale e includente della realtà. Questo non per assolvere sempre e comunque il mondo imprenditoriale in toto, che deve assumersi determinate responsabilità. Del resto, sono gli imprenditori stessi a chiedere un certo rigore quando si tratta di dimostrare il fare impresa correttamente.

Reintegrazione professionale

Dal 2012 collaboriamo con l’Ufficio dell’Assicurazione Invalidità dell’Istituto delle assicurazioni sociali nell’ambito della manifestazione “Agiamo Insieme” (www.cc-ti.ch/agiamo-insieme-2024), momento dedicato alla reintegrazione professionale di persone con problemi di salute. Persone che hanno ricostruito con successo la propria carriera lavorativa unendo la propria resilienza e il supporto di aziende del territorio.

Questo gratificante binomio tra azienda e collaboratore viene raccontato attraverso testimonianze e video-reportage, dimostrando quanto l’impegno congiunto (persona, famiglia, azienda, economia e Istituzioni) possa essere premiante per tutti.

Una collaborazione fra pubblico e privato che dimostra come vi sia una volontà comune di andare ben oltre il solo interesse economico, ma una vera sensibilità per le persone e il territorio. Vero che la collaborazione con lo Stato in questo contesto è fondamentale, ma vedere aziende di ogni settore, dall’industria ai servizi, determinate a predisporre importanti misure non solo organizzative ma anche sostanziali, modificando gli spazi di lavoro, per agevolare i collaboratori con difficoltà a poter svolgere la propria attività lavorativa, è solo uno degli esempi che contraddice il presunto disimpegno dell’economia dalla realtà sociale.

Sentenziare è una cattiva abitudine non solo ticinese, ma sul nostro territorio siamo particolarmente abili, purtroppo, a disprezzare o sminuire quanto di buono viene fatto e ignorare scientemente iniziative di questo tipo dimostra quanto sia ancora impervio il cammino verso un confronto basato sui fatti e non sul puro confronto ideologico.

Le imprese non solo contribuiscono allo sviluppo sostenibile, ma hanno tutte le qualità e l’interesse a posizionarsi come entità innovative, responsabili e competitive sul mercato. Questo approccio olistico si allinea alle preferenze dei consumatori e alle tendenze normative in evoluzione, favorendo il successo a lungo termine. Il rispetto è molto spesso un’utopia, ma non va dimenticato che l’economia siamo tutti noi, persone e aziende costituiscono un tutt’uno. La differenza tra parlarne e sparlarne è alla base di chi siamo e vogliamo essere. Potrebbero bastare anche solo cinque minuti senza preconcetti per ricostruire un dibattito sensato, basato su cose concrete e non su basse insinuazioni.