Comunicato stampa congiunto a firma di Cc-Ti, ABT, AITI, SSIC-TI e UAE
Premesso che la tutela della salute delle lavoratrici e dei lavoratori rappresenta un obiettivo primario ed indiscusso, le associazioni economiche ticinesi si oppongono fermamente ad una chiusura generalizzata delle attività lavorative come proposto dal sindacato UNIA. In primis, non è sul posto di lavoro che avvengono principalmente i contagi, anzi. Secondariamente una chiusura generalizzata creerebbe un danno economico enorme, con pesanti conseguenze anche sugli anni a venire.
Le associazioni firmatarie del presente comunicato ribadiscono che la gestione della crisi sanitaria rappresenta una priorità della nostra politica e che la tutela delle lavoratrici e dei lavoratori rimane un obiettivo fondamentale da perseguire.
Proprio per questa ragione negli ambienti di lavoro sono state introdotte chiare regole di tutela comportamentali atte a evitare i contagi. Si pensi ai piani puntuali di protezione differenziati per settore, alle dettagliate raccomandazioni della Seco per i datori di lavoro nelle quali si fissano e si ribadiscono direttive quali, ad esempio, l’obbligo della mascherina, le distanze, l’installazione di divisori tra le postazioni, l’invito a ricorrere al telelavoro, ecc..
Grazie a queste norme oggi sappiamo che non è sul posto di lavoro che avvengono principalmente i contagi.
Ne consegue che, laddove esistono chiare ed efficaci regole, non è opportuno introdurre divieti generalizzati di attività.
Tali divieti, come indicato, non otterrebbero infatti comunque l’obiettivo dichiarato e, per contro, causerebbero pesanti e preoccupanti effetti collaterali alla nostra economia e ai posti di lavoro.
Inoltre, nonostante le parziali e settoriali misure di chiusura ormai già in vigore da settimane, non si notano purtroppo effetti rilevanti sulla curva dei contagi.
Ciò permette perlomeno di sollevare dubbi sull’efficacia di tali misure.
Per queste ragioni le associazioni firmatarie del presente comunicato ritengono sproporzionato introdurre un lock down per tutte le attività cosiddette “non indispensabili”.
Anche perché non si ravvisa un chiaro criterio per stabilire quando un’attività non sarebbe indispensabile. Per ogni lavoratore e lavoratrice, come per ogni imprenditore, la propria attività è certamente indispensabile. Ogni posto di lavoro, ogni azienda sul nostro territorio, contribuisce infatti a creare e mantenere, in silenzio ma molto concretamente, quel benessere al quale siamo abituati. Nemmeno nella primavera dello scorso anno, durante la prima ondata, la Svizzera ha optato per un lock down generalizzato e totale; anche attualmente paesi come la Germania o l’Inghilterra permettono lo svolgersi di numerose attività professionali.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/AT20-comuncati.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2021-01-08 15:08:102021-03-02 11:35:04La soluzione non è fermare l’attività di tutte le aziende: l’economia siamo tutti noi
Intervista di Gianni Righinetti al Direttore Luca Albertoni, apparsa sul Corriere del Ticino il 22.12.2020
Luca Albertoni da oggi scatta lo stop per la ristorazione fino al prossimo 22 gennaio. Il settore, fondamentalmente, paga per tutti l’avanzata dei contagi?
«L’impressione è purtroppo questa ed è demoralizzante per un settore, che, come tutti gli altri, ha compiuto ingenti sforzi sia organizzativi che finanziari per implementare le misure di sicurezza richieste dalle autorità. Se pensiamo ad esempio agli assembramenti incontrollati nei trasporti pubblici e negli spazi pubblici comuni, la sproporzione della misura appare ovviamente manifesta. In questo contesto mi preme sottolineare come tutti i settori economici, aziende grandi e piccole, abbiano dato il massimo per garantire la sicurezza, tanto che il luogo di lavoro è ritenuto responsabile dei contagi in misura assai ridotta. Di questo dato effettivo, troppo spesso, non si tiene conto».
La ristorazione, per effetto del rilassamento natalizio e in vista del capodanno, poteva davvero diventare fonte di focolai a raffica?
«In un contesto in cui vengono garantite le misure dettate dalle Autorità, sono i comportamenti individuali a fare la differenza. Se i singoli non rispettano le regole, allora tutto diventa problematico, e la fonte dei focolai poco identificabile. Esperti improvvisati ce ne sono fin troppi e io non faccio parte di questa schiera, perché ritengo che questo virus vada affrontato con serietà e soprattutto umiltà. È però lecito porsi la domanda: una cena di 4 persone in un ristorante con le distanze e tutte le misure di igiene è più pericolosa di un/una cenone/festa in un contesto privato senza precauzioni? È l’Autorità a doversi fare la domanda e dare la risposta».
A nessuno sfugge che questo ramo economico funge da motore per tanti altri. Teme che le ricadute negative a catena saranno molte e pesanti?
«Abbiamo la fortuna di avere un tessuto economico diversificato, per cui spesso le difficoltà di un settore sono compensate da altri. Ricordo, ad esempio, che durante il lockdown primaverile l’industria fortunatamente ha potuto continuare a lavorare, seppure a ritmi ridotti, in tutta sicurezza, rivelandosi fondamentale per il mantenimento di un sostenibile andamento economico generale. Nel caso concreto, se si riuscirà a far continuare a funzionare il sistema economico senza troppe limitazioni, si potrebbero limitare i danni. È ovvio che in un meccanismo complesso e interconnesso come quello economico, ogni piccolo ingranaggio che si blocca ha conseguenze su molti altri. Vale per tutti i settori, nessuno escluso».
Dicembre doveva essere il mese buono per tentare di permettere all’economia di chiudere l’anno con il sorriso. E invece rischia di essere un mese poco positivo. Quanto peserà sul bilancio annuale?
«L’impatto sarà certamente negativo, quantificarlo esattamente al momento attuale è difficile, anche perché i parametri ai quali fare riferimento per delle previsioni cambiano continuamente. L’economia svizzera e quella ticinese, che segue le tendenze nazionali, sono riuscite, tutto sommato a limitare i danni nel 2020 e l’andamento è stato, per certi versi, meno negativo del previsto. Il livello delle esportazioni è riuscito, ad esempio, a risollevarsi su livelli buoni. Occorre però ragionare su un termine più lungo di quello annuale, visto che vi sono ancora molte aziende in lavoro ridotto. Inoltre, i prestiti COVID hanno dato un sostegno molto utile a parecchie aziende per sopravvivere, ma esse ora si trovano indebitate. Non sto parlando di quelle imprese considerate “decotte” e che avrebbero terminato il loro cammino per evoluzione naturale delle cose, ma di imprese sane che finora non avevano alcun debito e hanno dovuto, verosimilmente, erodere le proprie riserve. È una realtà che rischia di avere un peso specifico significativo».
Il 2021 partirà con il freno a mano tirato all’insegna della più grande incertezza. Come si può avere fiducia in questo contesto?
«Gli imprenditori sono abituati a confrontarsi con ogni genere di difficoltà e la grande voglia di lavorare e di recuperare dimostrata in questi mesi è la migliore garanzia in questo senso. Evidentemente i ripetuti “stop and go”, celebri nel contesto della Formula 1 per aumentarne l’elemento spettacolare, non si adattano all’economia, che si ritrova a dover quasi vivere alla giornata. L’impossibilità di pianificare su un termine, non dico lungo ma almeno medio, è un veleno pericoloso per tutti i settori. Penso, ad esempio, agli investimenti, fondamentali per rimanere competitivi e quindi anche assicurare l’occupazione. È un peccato perché le aziende ticinesi, negli scorsi anni, avevano dimostrato una grande propensione agli investimenti, spesso superiore alla media degli altri cantoni. Ma in queste condizioni diventa, oggettivamente, molto più difficile».
Le previsioni della Segreteria di Stato per l’Economia (SECO) sono però positive per l’anno a venire. Lei ci crede?
«Le previsioni, purtroppo o per fortuna, sono spesso fatte per essere smentite. Quelle pubblicate finora partono dal presupposto che la situazione epidemiologica rientri in parametri più controllabili e quindi sostenibili. Su questa visione nutro qualche serio dubbio, a corto termine. Gli esperti non avevano previsto un impatto così forte della seconda ondata che stiamo vivendo. Le nostre aziende, per fortuna, vivono di professionalità ed esperienza e non di previsioni. Tutto dipenderà, ancora una volta, dalle misure che saranno prese dalle Autorità. Si parla anche di possibile effetto rimbalzo, cioè una forte crescita dei consumi quando la situazione sul fronte della salute si calmerà. Penso sia più un auspicio che una certezza».
Da Berna e dal Ticino sono giunte decisioni chiare su chiusure e limitazioni. Dal vostro punto di vista si può dire che ci sia stata altrettanto chiarezza sugli aiuti puntuali?
«In generale nel nostro paese siamo messi piuttosto bene, gli aiuti sono importanti, effettivi e rapidi, pur avendo dovuto calibrarli a situazioni non contemplate dalla legislazione. Purtroppo, a volte, la questione degli aiuti segue solo in un secondo tempo quella delle limitazioni e in questo senso forse manca una strategia che tenga conto di entrambi gli aspetti in modo parallelo alle decisioni. Forse è più “facile” e immediato prevedere le limitazioni, ma la giusta attenzione alla salvaguardia del settore sanitario non deve distogliere dall’obiettivo di salvare un sistema economico di cui beneficiamo tutti. Non si tratta di fare regali, ovviamente, ma certamente è necessaria la massima attenzione sugli effetti finanziari di ogni singola misura restrittiva. Limitazioni e aiuti devono procedere di pari passo».
Per quanto concerne il Ticino domani si conosceranno le regole per i casi di rigore. Siete stati consultati? Sapete già cosa proporrà il Consiglio di Stato?
«Non vi è stata una consultazione formale, probabilmente perché si intende prendere come riferimento l’attuale base legale federale. Non mi aspetto quindi particolari sorprese rispetto ai settori praticamente fermi e già definiti come destinatari (come gli organizzatori di eventi, le agenzie di viaggio, ecc.). Tuttavia, nessun settore deve venire escluso a priori se adempie le condizioni. Dal nostro cantone ci aspettiamo anche un approccio coraggioso, come stanno facendo altri cantoni, che hanno previsto aiuti a fondo perso oltre i parametri stabiliti dal diritto federale. Penso ad esempio a Ginevra, Vaud o Argovia».
Dal week-end anche in Svizzera abbiamo qualche certezza in più sul vaccino. Questo può aiutare l’economia o l’incertezza dettata dal virus finirà per tarpare le ali ancora per mesi e mesi?
«Il nostro primo pensiero è per le persone a rischio che potranno finalmente, con ogni probabilità, riconquistare lentamente una serenità quotidiana e diminuire le complicazioni per la propria salute. È chiaro che ogni elemento che permette di recuperare una certa normalità sarà certamente d’aiuto. Da quanto abbiamo appreso gli effetti del vaccino, in generale, si vedranno però solo dopo mesi. Con queste premesse, penso che anche nel 2021 faremo i conti con una grande incertezza legata alla situazione sanitaria, sperando che essa sarà comunque più facilmente gestibile. Incertezza forse ridotta ma che comunque continuerà ad avere, purtroppo, un impatto importante sulla ripresa della nostra economia. Un miglioramento, sebbene non risolutivo, sarebbe comunque fondamentale, per ridare al nostro tessuto cantonale e nazionale la spinta necessaria per uscire dalla continua gestione di crisi e potersi dedicare maggiormente a progetti più positivi e propositivi. Il vaccino non sarà comunque la panacea di ogni male, purtroppo. Le persone e le aziende saranno ancora, per tanto tempo, chiamate a fare la differenza».
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/ART20-Luca-Albertoni-2020.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-12-22 09:49:042021-03-02 13:43:56«I ripetuti “stop and go” fanno male all’economia»
Intervista ad Andrea Gehri, che dal 1° gennaio 2021, assumerà la carica di Presidente Cc-Ti.
Dal gennaio prossimo, lei succederà a Glauco Martinetti alla presidenza della Cc-Ti, in un momento tutt’altro che semplice per la nostra economia. Non ci siamo ancora ripresi dalle pesanti conseguenze della prima ondata del Coronavirus ed ecco che il nuovo aumento dei contagi porta il rischio di un secondo lockdown generalizzato. Come intende affrontare questa sfida per la Cc-Ti?
Come andiamo ripetendo da quando siamo confrontati con il Coronavirus, il rispetto per le esigenze sanitarie e la salute di cittadine e cittadini è ovviamente prioritario. Detto questo, sono necessarie anche altre riflessioni, perché resta comunque centrale la questione di trovare un equilibrio fra le menzionate esigenze e quelle economiche. Perché, detto magari un po’ brutalmente, se l’economia si ferma o anche solo rallenta, come possono venire generati i mezzi per far funzionare il sistema, compreso quello sanitario? Chi asserisce che gli imprenditori pensano solo al soldo, si sbaglia di grosso. Persone e aziende avanzano su binari paralleli, le aziende sono fatte di persone e dalle persone, quindi la priorità della salute è sempre in primo piano. Fatta certa questa considerazione, il benessere della popolazione dipende anche dall’andamento economico del Paese. Non bisogna dimenticare che le nostre famiglie, la nostra società deve avere anche certezze economiche per sostenere e fronteggiare le tante scadenze personali. Ripeto. Le persone e l’economia devono sostenersi nella protezione reciproca per avere un futuro comune in positivo e sereno. L’economia siamo tutti noi, cittadine e cittadini parte di un solo sistema e considerare l’economia come qualcosa di astratto addirittura ostile è un errore, purtroppo comune, ma gravissimo. Possiamo asserire che le imprese hanno dimostrato grande senso di responsabilità, investendo molto sulla sicurezza e sulle richieste misure di protezione, tanto che è piuttosto raro che ci si ammali sul lavoro. Le mancanze di alcuni non devono fare da esempio. Peccato che di questo non si tenga abbastanza conto e si tenda a criminalizzare tutti sulla base di qualche episodio non giustificabile in alcun modo, predisponendo poi misure a volte non commisurate, contradditorie e discutibili. Se il comportamento del singolo fuori dal contesto lavorativo non è disciplinato, accanirsi sulle attività economiche ha poco senso ed è dannoso per tutti.
La sua azienda, la Gehri Rivestimenti SA, è rappresentativa della rapida evoluzione tecnologica del settore dell’artigianato ma anche di quel ricco e diversificato tessuto di piccole e medie imprese che ha fatto la fortuna della Svizzera e del Ticino. Oggi però è soprattutto sulle PMI che si scarica la pressione della crisi generale provocata dal COVID-19, col rischio di minarne la forza e le potenzialità.
Dobbiamo riconoscere che finora le autorità si sono mosse rapidamente e in modo efficace, in particolare durante la prima ondata COVID-19. È comunque articolato proporre soluzioni perfette per esigenze immensamente diversificate. Le azioni d’emergenza messe in atto hanno aiutato a tamponare e limitare i danni, hanno sorretto un sistema preso alla sprovvista e disorientato da una realtà impensabile. L’andamento economico avrebbe potuto soffrire ancora più pesantemente di quanto la realtà del momento si è poi dimostrata. A Attenzione, non illudiamoci in nessun modo che la situazione sia sotto controllo. Non dobbiamo dimenticare che molte aziende sono ancora in regime di lavoro ridotto e che tante PMI, che non erano indebitate sino a quest’anno, hanno dovuto attingere a riserve non sempre ingenti e, alla fine, hanno dovuto ripiegare sugli aiuti per poter sopravvivere. Gli imprenditori hanno, e stanno, lottando per mantenere “in corsa” le proprie attività. Aggiungere, in un periodo come questo, una grande pressione quale è un debito aziendale per un imprenditore è segno di grande responsabilità. Serietà verso i propri collaboratori e le loro famiglie, e serietà verso un territorio che conta su queste tutte figure fondamentali. I prossimi mesi metteranno ancora a dura prova la realtà economica del nostro Paese. Quanto faticosamente raggiunto e assicurato nei tanti mesi di pandemia già trascorsi rischia di essere nuovamente messo in discussione. Il mondo intero si muove intorno a noi con misure e modalità nuove e non sempre facilmente sostenibili per le aziende più piccole. Abbiamo imparato a reinventarci, a lavorare duramente per mantenere gli accordi e la qualità che ci rappresentano da sempre, stiamo costruendo una nuova realtà nell’interesse di tutti i settori per restare concorrenziali e presenti sui mercati. È con questo intento che le realtà aziendali volgono il proprio sguardo verso coloro che, sopra tutti, devono aiutarci a fare il nostro bene. Sottolineo che è assolutamente necessaria una seria e propositiva riflessione sui criteri dei casi di rigore e sugli aiuti a fondo perso, senza i quali molte attività di base in taluni settori economici finora sani rischieranno di dover chiudere. Quanto deve essere messo a disposizione non può essere un’incudine che trascina a fondo un sistema già duramente messo alla prova, ma una rete di protezione che permetta alle nostre aziende di ricominciare, riprendere, rispondere alle nuove sfide. La ripartenza dell’economia si materializzerà, siamone certi, e allora dovremo disporre di un tessuto economico agile e in salute, pronto per la ripresa.
Nell’ultimo studio del Credit Suisse sui Cantoni più attrattivi per le aziende, il Ticino si è piazzato in fondo alla classifica, al 23esimo posto. Come spiega questa valutazione? Un segnale allarmante per il futuro della nostra economia?
La valutazione dei tanti studi che vengono fatti non risponde mai a una teoria univoca. La stessa posizione del Ticino dipende dal tipo di studio che viene condotto. Quello menzionato ci colloca da anni in fondo alla classifica soprattutto per tre motivi: il territorio considerato non facilmente raggiungibile (almeno fino a oggi), con debolezze nelle infrastrutture legate alla mobilità, una certa scarsità di personale qualificato reperibile all’interno dei confini cantonali e nazionali e un’attrattiva fiscale relativa. I miglioramenti portati da Alptransit e l’entrata in vigore della riforma fiscale, voluta dal popolo, potrebbero far mutare, direi, “arricchire ” alcuni di questi parametri. Non è mai una classifica che può definire la forza di un’economia in quanto tale, ma si riferisce piuttosto a quelle che comunemente chiamiamo “condizioni- quadro”. E più in generale, abbiamo dimostrato in tante occasioni di essere un Cantone che raggruppa e produce un valore aggiunto di tutto riguardo. Tutto migliorabile come per ogni cosa, ma certamente in grado di dimostrare grandi capacità e imprenditorialità di rilievo. Allarmante per la nostra economia sarebbe non mantenere e implementare le condizioni quadro che permettono il successo del nostro Paese.
La Cc-Ti sostiene da sempre la linea del dialogo tra le parti sociali e il confronto dialettico col mondo politico come metodo per la soluzione dei conflitti e come approccio costruttivo per la crescita economico-sociale del Cantone. Ritiene ci siano ancora le condizioni per questo spirito di collaborazione o prevarranno invece gli irrigidimenti e le contrapposizioni che hanno contrassegnato questi ultimi anni?
La Cc-Ti crede fermamente nel dialogo e nella possibilità di una seria mediazione propositiva per entrambe le parti in causa. La nostra associazione si è sempre, e continuerà anche in futuro, fatta voce delle tante esigenze del nostro territorio economico, dalle aziende alle associazioni di categoria fungendo da punto di riferimento dell’economia in Ticino. La capacità di ascolto delle parti sociali, della politica, e quindi la possibilità di un confronto costruttivo, sembra purtroppo essere scemata, lasciando strada a un atteggiamento e una pericolosa abitudine di individuare l’economia, rispettivamente le aziende, come la causa di tutti i mali. Come unica variabile da modificare, punire per sanare tutti i problemi. Pericoloso lasciar avanzare una tale negativa tendenza! Anche in situazioni delicate come quella che stiamo affrontando, non vedo purtroppo segnali di apertura in questo senso, e questo mi rattrista e mi preoccupa molto. Esistono difficoltà che si possono risolvere solamente concertando le intenzioni e inseguendo un intento comune. “Un soldato da solo non può fare la guerra” e anche noi, proprio perché non abbiamo questa presunzione, ricerchiamo sempre negli altri attori di questo mondo economico, degli interlocutori seri e propositivi. Quasi sempre, anzi troppo spesso, restiamo soli al fronte. Noi continueremo, nel rispetto dei ruoli e delle persone, a sottolineare le grandi qualità della nostra economia cantonale, a proporre progettualità e a metterci a disposizione per la soluzione dei problemi reali, cercando di non entrare nelle polemiche artificiose prive di fondamento. Ma tutto questo, come detto, presuppone una capacità di ascolto che oggi non mi sembra di percepire. L’unità di intenti emersa e tangibile nel corso dell’emergenza del primo lockdown si è purtroppo rapidamente affievolita per poi perdersi. Sarebbe stata l’occasione per ricostruire un dialogo permanente. Peccato.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/ART20-andrea-gheri-orizz.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-12-22 07:08:072021-03-02 13:44:08Le aziende sono fatte di persone
Come aderire alla Cc-Ti? La Cc-Ti propone un ventaglio di servizi mirati alle aziende e alle associazioni di categoria attive sul territorio cantonale. L’offerta di servizi è orientata al sostegno della quotidiana gestione aziendale e associativa così come allo sviluppo del business. Lisa Pantini, Responsabile delle Relazioni con i soci, è a disposizione per dare maggiori dettagli agli interessati. Potete contattarla per e-mail o telefonicamente (+41 91 911 51 32).
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/12/ART20-resoconto2020.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-12-14 08:23:572021-03-02 14:45:04Il 2020 della Cc-Ti
Comunicato stampa congiunto delle Camere latine di commercio e dell’industria (CLCI); gremio di cui anche la Cc-Ti fa parte
È con grande sorpresa e sconcerto che le Camere latine di commercio e dell’ndustria (CLCI) hanno preso atto delle varie misure annunciate martedì dal Consiglio Federale, riferite a un nuovo piano strategico per fronteggiare la pandemia di COVID-19. La perplessità maggiore è stata la constatazione che queste misure sono state messe in consultazione senza preavvertire né i Cantoni né le parti sociali.
Le CLCI hanno sempre mostrato assoluto rispetto per le questioni di salute e supportato le aziende nell’allestimento dei piani di protezione. Tuttavia, esprimono la loro insoddisfazione e la loro indignazione per la procedura di consultazione in corso da martedì. Pur comprendendo l’urgenza della situazione, ritengono che l’esclusione dei rappresentanti dell’economia dalla procedura di consultazione sia del tutto incomprensibile.
Il Consiglio federale non sembra prendere sufficientemente in considerazione i numerosi provvedimenti presi nei nostri cantoni dall’inizio di novembre (dall’inizio della pandemia in realtà). La lotta al Coronavirus non è certo facile e i risultati di misure severe, anche draconiane, in termini di riduzione della diffusione del virus non sono paragonabili in tutte le regioni. I nostri cantoni, però, sono intervenuti prontamente, facendo molti sacrifici, per limitare il più possibile la diffusione del virus e mettere in sicurezza i cittadini e le realtà aziendali correlate. In generale, anche se i « numeri » restano importanti, nei nostri cantoni tendono a essere in calo o, per lo meno, stabili.
In questo contesto, è difficile capire perché, ora, tutti debbano essere improvvisamente soggetti alle stesse restrizioni, indistintamente. I nostri cantoni continuano a compiere quotidiani grandi sforzi. Gli annunci di martedì costituiscono quindi una doppia sanzione. Restano incomprensibili i drastici divieti proposti l’8 dicembre dal Consiglio federale.
In primo luogo, nessuno ha potuto stabilire o ha mai indicato ristoranti, hotel e negozi come uniche fonti di trasmissione. La responsabilità delle persone continua a essere al primo posto nel bene e nel male di questa pandemia.
Non possiamo sottovalutare che, per tutti questi settori, le festività natalizie rappresentano un momento decisivo per un miglioramento del proprio fatturato annuo.
Non è un caso che queste aziende abbiano adottato misure di grande impatto, in termini commerciali e finanziari, per garantire la sicurezza dei collaboratori e dei clienti.
Inoltre, durante le celebrazioni delle feste natalizie, queste realtà sono tra le uniche che restano pienamente attive sul territorio, mentre industria, edilizia, artigianato e servizi sospendono, con qualche eccezione, le loro attività o le esercitano in modo moderato (p. es. Telelavoro). Anche i controlli sul rispetto delle regole saranno qiuindi certamente più facili da attuare, in quanto anche meno numerosi rispetto al totale delle attività economiche.
Le misure draconiane previste, in totale contraddizione con quanto deciso e annunciato dai nostri Cantoni nei giorni scorsi, screditano l’azione dello Stato a tutti i livelli. Illeggibili e ingestibili nel nostro contesto di federalismo, si rivelano controproducenti e del tutto ingiustificate. La chiusura dei ristoranti alle 19.00 e il divieto di apertura domenicale dei negozi sono misure che non rispettano il principio di proporzionalità. Tanto più che gli aiuti finanziari citati, limitati e senza effetti immediati, non impediranno molte chiusure di imprese, con gravi conseguenze sociali ed economiche.
Chiediamo pertanto al Consiglio federale di riconsiderare le sue proposte, in particolare le limitazioni alla ristorazione e all’apertura di negozi.
Associazione Camere latine di commercio e industria – CLCI
L’associazione CLCI riunisce le Camere di commercio e industria dei cantoni FR, GE, JU, NE, TI, VD, VS e BE. Il suo scopo è quello di rappresentare l’economia cantonale nei confronti del pubblico, dei media e delle Autorità politiche cantonali e federali. Si impegna a ottenere condizioni quadro favorevoli per l’economia. Coordina le Camere di Commercio associate consentendo loro di condividere informazioni e creare sinergie. Sviluppa e organizza servizi comuni a valore aggiunto sussidiari a quelli dei suoi membri. Il gruppo fa parte dell’Associazione delle Camere di commercio e dell’industria svizzere, presieduta dal direttore della Cc-Ti.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/AT20-comuncati.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-12-10 11:48:272021-03-02 11:44:08Annuncio delle nuove misure: il Consiglio federale riveda la sua posizione!
In questo difficile momento storico, quale associazione-mantello dell’economia ticinese, la Cc-Ti si impegna a tutelare gli interessi di tutti i settori economici cantonali, delle relative associazioni di categoria e di tutte le aziende, siano esse piccole, medie o grandi.
Non fa eccezione l’ambito delle squadre sportive professionistiche ticinesi, vere e proprie aziende al pari di tutte le altre, purtroppo spesso considerate, a torto, come attività esclusivamente ludiche (e quindi poco necessarie) e legate alla realtà di pochi privilegiati dagli stipendi mirabolanti. La realtà è molto diversa, perché i Club, come detto, sono aziende, gestite e organizzate come ogni unità economica con costi, ricavi, stipendi, oneri sociali, dipendenti, fornitori, ecc.
Unità di intenti – Gruppo “SPorTI”
Lo sport professionistico, come tante altre attività economiche, è confrontato a una situazione finanziaria estremamente difficile. È pertanto fondamentale che anche esso, al di là di ogni genere di campanilismo, possa far valere i propri interessi in maniera strutturata e quindi più efficace.
Per questo, sotto l’egida della Cc-Ti, è stato costituito il Gruppo “SPorTI”, che raggruppa le squadre sportive professionistiche ticinesi membri della nostra associazione, ossia:
HC Ambrì Piotta, HC Lugano e Ticino Rockets per l’hockey su ghiaccio;
FC Lugano, FC Chiasso e Team Ticino per il calcio.
Si aggiungeranno a questo primo gruppo le società di pallacanestro Lugano Tigers e SAM Basket Massagno che hanno già aderito all’iniziativa.
Le cifre
Alcune cifre sono significative dell’importanza dei Club per l’economia cantonale, se osserviamo i numeri di hockey su ghiaccio e calcio della stagione 2018-2019, l’ultima giocata in modo completo:
66 milioni di franchi di cifra d’affari
440 collaboratori sotto contratto (indeterminato o determinato)
350 collaboratori esterni
1’200 fornitori esterni
402’000 spettatori paganti
oltre 1’700 ragazzi e ragazze dei settori giovanili in formazione
L’azienda “sport ticino” è quindi un fattore economico fondamentale per il nostro territorio. Senza tenere conto dell’importante ruolo sociale svolto nell’offerta di svago e distrazione, elementi pure essenziali per superare momenti difficili come, per esempio, quelli che stiamo vivendo. Il solo surrogato televisivo non è sufficiente da questo punto di vista e nemmeno da quello finanziario. In effetti, il panorama sportivo elvetico differisce sostanzialmente da quello delle principali leghe internazionali, dove la maggior parte delle entrate è composta dai diritti televisivi e in misura minore dagli spettatori in presenza.
In Svizzera la situazione è esattamente all’opposto, perché l’incassato come diritti televisivi non si avvicina minimamente agli introiti legati alla vendita di biglietti, abbonamenti, all’accoglienza e alla ristorazione sui quali i campionati possono contare.
Le difficoltà attuali
L’incertezza regnante attualmente colpisce anche le squadre professionistiche in maniera pesante. Le limitazioni di pubblico (di fatto la principale fonte d’entrata di queste imprese) imposte nel contesto della pandemia hanno effetti devastanti perché hanno azzerato la fonte principale d’entrata. Limitazioni, va detto, decise malgrado i cospicui investimenti che i Club hanno affrontato, non senza sacrificio, per poter garantire degli adeguati piani di protezione, disponendo anche una capienza ridotta degli impianti sportivi e tutta una serie di misure di sicurezza che hanno dimostrato di poter far fronte alla situazione in modo ottimale.
Le grandi difficoltà citate non hanno potuto passare inosservate a livello nazionale e il Consiglio Federale ha elaborato un pacchetto di aiuti di base che lasciano però margine anche al Cantone per un primo urgente intervento mirato. Questi interventi decisi a livello nazionale certificano e riconoscono l’importanza economica oltre che sociale dello sport professionistico.
Le richieste di sostegno
Pur consapevoli della grande complessità della situazione e delle esigenze di ogni settore, gli sport di squadra professionistici hanno un urgente bisogno di sostegno per potersi garantire l’esistenza, ma soprattutto le centinania di posti di lavoro e l’indotto che garantiscono anche alle altre aziende.
Si è pertanto chiesto al Consiglio di Stato di contribuire, tramite lo strumento del fondo Sport Toto, a ottenere le misure stanziate a livello nazionale, garantendo la copertura del 25% dei mezzi necessari per l’ottenimento del prestito. Questo metterebbe in condizioni di poter disporre di una base finanziaria indispensabile per fronteggiare le difficoltà che si sono ulteriormente acuite con le ultime disposizioni.
Si è pure evidenziata la necessità di valutare anche la possibilità di concedere degli aiuti a fondo perso, sul modello di quanto altri cantoni (ultimo in ordine di tempo Ginevra) stanno facendo per i settori che di fatto si trovano le attività bloccate in maniera totale o preponderante.
Attraverso la rete della Cc-Ti, questa iniziativa sarà a breve estesa a livello nazionale, con il coinvolgimento delle Camere di commercio e dell’industria degli altri cantoni, alle quali fanno capo le squadre professionistiche delle rispettive regioni. Attenzione particolare verso la nostra iniziativa è già stata manifestata in particolare dalle Camere di commercio e della Svizzera romanda.
L’opinione di Cristina Maderni, Vice Presidente Cc-Ti, Presidente Ordine dei Commercialisti del Cantone Ticino e Presidente FTAF
Le incertezze che gravano sui conti dei cittadini, delle imprese e del Cantone impongono di intervenire su tutti i processi inefficienti, liberando risorse necessarie al sostegno della socialità e dell’economia. Dobbiamo ad esempio riflettere sul perché lo Stato chieda ai cittadini dati, atti e documenti che ha già o che potrebbe ricevere da un altro servizio o ente pubblico. Perché i cittadini devono pagare delle tasse per ottenere dei documenti da presentare a enti pubblici o comunali, quando lo Stato è già in possesso di questi documenti?
Per correggere queste distorsioni burocratiche che costano a noi tutti tempo, denaro e infinita pazienza, nel luglio del 2019 Fausto Rotanzi ha presentato una petizione: «Meno burocrazia non sia solo uno slogan», con cui sollecitava il Gran Consiglio ad emanare adeguate direttive per l’Amministrazione cantonale o un’apposita legge. Invitandolo, inoltre, a valutare l’eccessiva quantità d’informazioni che lo Stato richiede ai cittadini e agli enti locali nell’ambito degli abituali controlli, poiché indicativa di una totale sfiducia nei loro confronti. Con la sua più che ventennale esperienza di segretario comunale e il suo impegno in numerosi consessi pubblici e privati, Rotanzi sa benissimo quanto possa essere esasperante e costoso per la collettività l’eccesso di oneri burocratici e formalismi procedurali. Nella sua ultima seduta il Parlamento ha approvato il rapporto della Commissione giustizia e diritti che, condividendo le sollecitazioni della petizione Rotanzi, ha ribadito «l’urgenza di rivedere le procedure che regolano il lavoro degli uffici statali con l’intento di alleggerire le pratiche burocratiche, nel rispetto della protezione dei dati e del diritto in generale». Riguardo al delicato problema della protezione dei dati si è accortamente suggerito «il ricorso a liberatorie specifiche che, con il consenso scritto dei cittadini interessati, autorizzino il flusso puntuale di documenti e informazioni. Evitando così eccessi burocratici, lentezza procedurale e aggravi di tasse per ottenere certificati e duplicati che sono stati già elaborati dagli uffici statali».
Il rapporto e il via libera del Gran Consiglio segnano un piccolo ma significativo passaggio verso una burocrazia più leggera. Problema particolarmente sentito in Ticino. Uno studio di Avenir Suisse ha, difatti, sottolineato la pletora di regole, limitazioni, codici e pastoie varie che ingessano il nostro cantone, frenando l’economia e l’intraprendenza sociale. Ciò nonostante, non ci si rende ancora conto del fatto che ogni nuova legge comporta un carico aggiuntivo di burocrazia.
Negli ultimi 15 anni si sono contati una ventina di atti parlamentari che, per un verso o per l’altro, avevano come bersaglio l’ipertrofia burocratica, generata da un’eccessiva densità normativa, dall’iper-regolamentazione e dalla sovrapposizione di competenze e disposizioni. Giusto un anno fa, assieme ai colleghi Michele Foletti, Sabrina Gendotti e Piero Marchesi, ho presentato un’interpellanza per eliminare i doppioni nella raccolta dati presso le imprese, in ossequio all’orientamento del Consiglio federale che ha voluto alleggerire i costi e gli obblighi di documentazione e archiviazione per le aziende. Richiesta accolta favorevolmente dal Consiglio di Stato.
Nell’attesa di riforme strutturali, bisognerebbe quantomeno adottare interventi mirati che possono subito alleviare il peso e i costi della burocrazia su cittadini e imprese. Approvando la petizione Rotanzi si è fatto un concreto passo avanti affinché «Meno burocrazia» non resti uno slogan. Necessità oggi più che mai urgente anche per attenuare il devastante impatto economico e sociale della crisi del coronavirus.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2019/01/ART19-cristina-maderni-ufficiale.jpg34565184Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-11-04 06:37:362021-03-02 14:30:03Burocrazia da snellire senza indugi
La Cc-Ti e AITI si complimentano con Fabio Regazzi per la sua nomina avvenuta il 28.10.2020 a Friborgo a Presidente dell’Unione svizzera delle arti e dei mestieri – USAM.
L’USAM, di cui la Cc-Ti è membro, è l’organizzazione mantello delle piccole e medie imprese, fondata nel 1879 a Lucerna. Rappresenta 230 associazioni di categoria e circa 500’000 imprese, ossia il 99,8 % di tutte le aziende attive in Svizzera.
La proposta alla Presidenza dell’associazione mantello nazionale è avvenuta su proposta della Cc-Ti, quale sezione ticinese della stessa.
Fabio Regazzi, nato il 22 giugno del 1962, è avvocato, imprenditore e Consigliere nazionale dal 2011. Attualmente Fabio Regazzi è membro dell’importante commissione dell’economia dei tributi. Dal 2015 è Presidente dell’AITI. È il primo ticinese nella storia a essere eletto Presidente dell’USAM. In questa funzione avrà il compito di presiedere una delle più importanti associazioni economiche a livello nazionale e rappresentare il cuore pulsante dell’economia elvetica, ossia le piccole e medie aziende.
Il canton Ticino e l’economia cantonale potranno contare maggiormente su un punto di riferimento strategico nel contesto dell’economia svizzera. L’Unione svizzera delle arti e dei mestieri ha l’obiettivo di promuovere e sostenere un ambiente economico e politico favorevole allo sviluppo delle piccole e medie imprese. Come evocato oggi da Regazzi nel suo discorso di insediamento, le sue sfide principali dei prossimi anni riguarderanno la riforma della previdenza vecchiaia come anche le discussioni attorno all’accordo quadro con l’Unione europea che attualmente sta dividendo gli animi sia tra datori di lavoro che tra i sindacati.
Per le associazioni cantonali è particolarmente interessante avere come riferimento quale presidente di un’associazione economica svizzera una figura che conosce a fondo la realtà economia e sociale della Svizzera italiana e dunque può permettere una miglior comprensione reciproca delle sfide epocali che l’attuale crisi porterà irrimediabilmente con sé.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/10/ART20-usam.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-10-29 09:22:112021-03-02 14:45:32Fabio Regazzi eletto alla presidenza dell’USAM
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del cantone Ticino, unitamente alle Camere di commercio e dell’industria e altre organizzazioni economiche della Svizzera romanda, ha elaborato delle raccomandazioni per il telelavoro, che ha conosciuto uno sviluppo enorme a causa della pandemia di Coronavirus.
Le raccomandazioni sono semplici, immediatamente utilizzabili, modulabili e basate sull’adesione volontaria. La Convenzione proposta è un modello adattabile in funzione delle specificità delle imprese. Essa è il frutto della collaborazione fra i servizi giuridici delle Camere di commercio e dell’industria della Svizzera latina (CLCI), l’Unione delle associazioni padronali ginevrine (UAPG) attraverso la Federazione delle imprese romande (FER), del Gruppo delle imprese multinazionali e della Convenzione dei datori di lavoro dell’Industria orologiera svizzera. Il lavoro è stato coordinato dall’Antenna romanda dell’Unione svizzera degli imprenditori.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.png00Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2020-10-27 13:34:362021-03-02 11:44:15Una Convenzione (ev. quale aggiunta al contratto di lavoro) sul telelavoro per codificare un’attività in forte espansione
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