Marzo 2023: Primo evento del Gruppo Corriere del Ticino, in collaborazione con la Camera di commercio e dell’industria del Cantone Ticino, dedicato all’innovazione con la presentazione di casi concreti applicati.
Oltre 120 ospiti hanno assistito al primo evento organizzato dal Gruppo Corriere del Ticino in collaborazione con la Camera di Commercio del Canton Ticino con focus su esempi concreti di innovazione aziendale. Luca Albertoni attraverso una serie di domande mirate ai relatori, ha condotto il pubblico ad approfondire quali sono le principali sfide nella reale innovazione per le aziende. Molte volte si pensa che essere innovativi significhi progettare nuovi prodotti «spettacolari», ma in realtà nella quotidianità per le aziende innovare significa ben altro.
Nel corso della serata abbiamo potuto scoprire le sfide che la Tenconi deve affrontare quotidianamente grazie a Radovan Grebic, il quale ci ha illustrato la loro filosofia aziendale che grazie a un approccio innovativo alla gestione della produzione ha permesso di renderli anche molto più sostenibili da un punto di vista energetico. Ieri sera abbiamo potuto constatare che nell’economia reale è molto più importante innovare i processi, in modo che possano permettere di migliorare tutta la gestione aziendale che soprattutto dopo il periodo pandemico, ha visto arrivare un alto numero di sfide estremante importanti per il futuro di tutte le aziende in modo trasversale.
Anche Giuseppe Perale di IBI SA e Fabio Rezzonico di Swiss Medical Network, hanno illustrato la loro visione e le loro principali difficoltà nell’introdurre nuovi modelli nelle proprie aziende. Perale ha spiegato molto bene che ad oggi, innovare in campo medtech è molto difficile in quanto la burocrazia è un elemento che impedisce o restringe di molto il campo d’azione. Fabio Rezzonico ha illustrato un nuovo modello per combattere gli aumenti dei premi di cassa malati grazie a un sistema incentivante focalizzato sulla salute del paziente più che sulla cura della malattia.
Marco Zaffalon ha spiegato in modo molto chiaro i principali temi legati all’intelligenza artificiale, di quanto sta aiutando a innovare e migliorare molti settori economici, spiegando bene quali sono le principali incognite e punti di forza di una tecnologia estremamente disruptive senza dimenticare il dibattito creato dall’arrivo di chatGPT nel modo accademico, formativo e economico.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2023/04/ART23-lac-innovazione.jpg8531280Giulia Scalzihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngGiulia Scalzi2023-04-04 09:42:372023-04-04 11:38:22al LAC, l’innovazione è il motore della nostra economia
2022 tutto sommato positivo per le aziende ticinesi, le incertezze inducono a previsioni meno favorevoli per il 2023.
Sulla base dell’annuale inchiesta congiunturale condotta presso i soci della Cc-Ti, alla quale hanno partecipato 247 aziende, l’anno 2022 è stato in generale di segno tutto sommato positivo per le imprese ticinesi, malgrado le crescenti difficoltà legate ai costi dell’energia, alle reperibilità e ai prezzi delle materie prime e, per le aziende esportatrici, alla forza del franco. Difficoltà che per talune aziende raggiungono livelli anche molto preoccupanti.
Fra i parametri più importanti, va rilevato che il livello degli investimenti, è rimasto buono nel 2022 e sembra stabile anche nel 2023, con il 44% delle aziende che ha investito e intende investire. Il valore è leggermente superiore ai due anni precedenti caratterizzati dalle note difficoltà causate dalla pandemia. Soprattutto nel settore industriale/artigianale vi è stato un incremento dal 61 al 67% delle imprese che hanno investito o che investiranno.
L’autofinanziamento è rimasto costante, con il 33% delle aziende che lo considera buono e il 37% soddisfacente, valori praticamente invariati rispetto agli anni passati.
Preoccupa comunque in prospettiva la costante riduzione dei margini di utile, in atto già da qualche anno, e che potrebbe portare a medio termine ad una perdita di competitività e quindi avere anche con riflessi sull’occupazione, che per il momento si conferma stabile.
Le previsioni per il 2023 indicano un andamento un po’ meno positivo, considerate le molte incertezze nel panorama internazionale. Rispetto al 2022, anno considerato buono dal 36% delle imprese, si passa al 32% di andamento buono previsto per il primo semestre 2023 e al 28% per il secondo semestre del 2023. In generale gli indicatori restano su livelli considerati soddisfacenti, ma prevale comunque l’attesa di una certa flessione nel 2023 qualora si confermassero le difficoltà con le materie prime e nell’ambito dell’energia. In effetti, ben il 74% delle aziende segnala aumenti del costo dell’elettricità di oltre il 10% nel 2023. Malgrado praticamente tutte le aziende che si sono espresse abbiano previsto misure per ridurre i costi energetici, i timori di dover sospendere almeno parzialmente la produzione sono considerevoli, con conseguenze importanti sulle forniture, sui prezzi, sui margini e sugli investimenti. A questo proposito, grazie alla collaborazione con Enerti SA, la società delle aziende di distribuzione di energia elettrica in Ticino, le imprese possono avere la possibilità di ottenere modelli tariffali con prezzi bloccati per un determinato periodo. L’andamento 2022 e le previsioni 2023 sono perfettamente in linea con quanto rilevato negli altri Cantoni.
1. Andamento generale degli affari
L’andamento generale degli affari nel 2022 è risultato di segno positivo, sostanzialmente confermando le aspettative espresse nel 2021, con un recupero rispetto ai due anni caratterizzati dalla pandemia di Covid. Il 77% delle imprese ha valutato in maniera favorevole l’andamento degli affari nello scorso anno (soddisfacente per il 41% delle aziende, buono per il 36%). Le tendenze sono simili per le aziende esportatrici (soddisfacente per il 42% e buono per il 38%), malgrado le note difficoltà a livello internazionale.
Per quel che riguarda le previsioni sull’andamento degli affari a breve termine, cioè̀ per i prossimi 6 mesi, la tendenza è invece in calo. Prevale una certa positività, ma un buon andamento degli affari è in calo e previsto dal 32% delle aziende (41% lo valuta soddisfacente, mentre il trend negativo/mediocre passa dall’attuale 21% al 25%).
Per il secondo semestre del 2023, le previsioni sono di un’evoluzione soddisfacente per il 46% delle aziende, ma le previsioni di andamento buono scendono ulteriormente al 28%. Il segno negativo concerne il 25% delle imprese, anche se un andamento pessimo è segnalato “solo” dal 5-6% delle risposte.
2. Margine di autofinanziamento delle imprese
Come sempre, particolare attenzione viene data ai valori espressi quanto al margine di autofinanziamento delle aziende, perché si tratta di un indicatore importante del loro stato di salute. Il valore resta costante con il 70% delle imprese che giudica positivamente il margine di autofinanziamento (37% soddisfacente, 33% buono) e la conferma di questa tendenza è un indicatore importante della capacità competitiva del nostro sistema.
3. Investimenti
Riflessi della situazione pandemica e dell’incertezza generale si notano negli investimenti. Pur rimanendo il livello molto buono, anche se paragonato agli altri cantoni, si nota una certa flessione. Il 44% delle aziende ha investito (come termine di paragone vi sono il 2018 con il 50% e il 2019 con il 46%). Si conferma comunque, senza sorprese, che la quota maggiore di investimenti è nel settore industriale (67% delle aziende ha investito) e nella categoria delle aziende grandi (con oltre 100 dipendenti), nella quale il 77% delle imprese ha effettuato investimenti.
Il calo è tutto sommato entro limiti fisiologici date le molte incertezze di questi ultimi anni, legate soprattutto agli effetti della pandemia anche sulle supply chain, alla difficile reperibilità delle materie prime e ai loro prezzi, così come gli aumenti dei costi dell’energia.
Per il 2023 il valore di chi prevede investimenti è invariato (44%), di per sé fatto rassicurante, visto che d’altra parte si prevede un rallentamento congiunturale.
4. Attenzione verso l’occupazione
Come negli anni scorsi, l’attenzione verso l’occupazione è confermata anche nel 2022 con una sostanziale stabilità dell’effettivo espressa dal 63% delle aziende. Un aumento è segnalato dal 24% e una diminuzione dal 13%, in linea con quanto sempre rilevato. Malgrado le difficoltà e le incertezze di vario genere, l’occupazione non ha subito contraccolpi. Dato interessante è che, anche qui, nonostante vi siano aumenti di costi (v. energia) e altre problematiche non da poco, ben il 72% prevede una stabilità dell’effettivoper il 2023 e solo il 7% stima che vi possa essere una diminuzione.
5. Problematica dell’energia
Una delle domande dell’inchiesta verteva sulla questione energetica. In termini di consumi, il 52% delle aziende risulta essere sotto i 100 Mwh/anno di consumo all’anno, il 29% fra i 100 e i 500 Mwh/anno e il 19% sopra i 500 Mwh/anno. Nel settore industriale/artigianale e per le aziende oltre i 30 collaboratori, senza sorprese, aumenta la proporzione di chi consuma oltre i 100 Mwh/anno.
L’aumento dei costi tocca praticamente quasi tutti, in proporzioni diverse, Ben il 17% delle risposte indica un aumento di oltre il 50%, valore che sale al 29% delle risposte per il settore secondario e raggiunge picchi del 33% delle risposte per le aziende più grandi.
Interessante notare che i vettori energetici più utilizzati quali l’elettricità (40%), il gas (34%) e il gasolio (38%), anche se va rilevato che spesso le aziende usano più vettori contemporaneamente.
Fra le misure prese per cercare di contenere i costi (risposte multiple possibili), figurano la negoziazione del prezzo con i fornitori (24%), l’autoproduzione (21%), il miglioramento dei processi (34%), l’adattamento dell’illuminazione (57%), del riscaldamento (19%). Oltre a misure varie (21%). È molto basso il numero di aziende che NON hanno preso alcuna misura (25 sulle 247 che hanno partecipato).
In caso di limitazione dell’approvvigionamento energetico (elettricità o altro), l’8% delle aziende prevede di sospendere completamente l’attività, una sospensione parziale è prevista dal 39% e il telelavoro è un’alternativa per il 51% (con ovviamente una proporzione molto maggiore nei servizi rispetto al settore secondario). Comportamenti anticipatori sono la modifica della fonte di approvvigionamento usata finora (8%), un piano di continuità (21%) e le istruzioni date dalle autorità (79%).
6.Difficoltà di approvvigionamento di materie prime
La percentuale rispetto allo scorso anno è chiaramente aumentata da circa il 30% al 44%. Con un picco del 71% per le aziende del secondario (industria/artigianato), mentre per servizi e commercio la percentuale si inverte.
Le conseguenze sono molteplici: ritardo di forniture (85%), aumento dei prezzi di acquisto (81%), aumento dei costi di trasporto (59%), riduzione dei margini (56%), rallentamento dell’attività (48%) e la sospensione o lo spostamento di progetti (28%).
Le misure prese vanno dalla ripercussione sui prezzi di vendita (60%), all’utilizzo di materiale sostitutivi (26%), passando per la diminuzione della produzione (14%) e la rinegoziazione di contratti (24%). Per arrivare alla diversificazione dei fornitori (53%) e all’aumento degli stock (41%). Solo il 6% segnala la possibilità di ricorrere al lavoro ridotto per parte del personale.
I prezzi delle componenti sono aumentati praticamente per tutti, fino al 10% per il 50% delle imprese, per le restanti gli aumenti variano dall’11 al 100% e oltre. In media, per il 2023, sono previsti aumenti dello stesso tenore, con un 46% che rileva un incremento fra l’11 e il 50%.
Hanno partecipato all’inchiesta 247 imprese associate alla Cc-Ti, che impiegano in tutto 14’470 dipendenti nel cantone.
Si tratta di 83 aziende del settore industria-artigianato e di 164 del comparto commercio e servizi. Un campione di aziende consolidato da un rilevamento che si svolge ormai da oltre dieci anni, per cui i risultati sono da considerarsi attendibili e, inoltre, le tendenze che emergono sono sempre confermate da altre ricerche congiunturali condotte da istituti federali e cantonali e dai dati ufficiali.
L’indagine della Cc-Ti, che ha coinvolto 143 realtà̀ aziendali che operano sul mercato interno e altre 104 orientate invece all’export, mira appunto a fornire indicazioni sulle tendenze generali dell’economia ticinese, senza volersi sostituire ad analisi più mirate effettuate da singoli settori economici.
L’inchiesta è stata condotta unitamente alle Camere di commercio e dell’industria di Friborgo, Ginevra, Giura, Neuchâtel, Vaud e Vallese.Le Camere di commercio e dell’industria della Svizzera tedesca operano individualmente, ma seguendo lo stesso schema.
Link ai risultati delle Camere degli altri Cantoni che hanno condotto l’inchiesta comune (alcuni dati sono accessibili solo ai soci delle rispettive Camere)
Dopo aver dedicato un webinar a questo importate tema lo scorso settembre, segnaliamo la pubblicazione di una guida aggiornata edita dalla Confederazione, nel quadro del Piano d’azione nazionale “Imprese e diritti umani” della Svizzera 2020–2023 (PAN).
Aspettative crescenti sulla condotta aziendale responsabile
Le imprese, in particolare quelle attive a livello globale, sono valutate sempre più spesso in base all’impatto delle loro attività sui diritti umani e sull’ambiente. Allo stesso tempo, le aspettative dei Governi, della società, dei clienti privati e commerciali e degli investitori che le aziende rispettino i diritti umani stanno aumentando.
Di fronte alle richieste di maggiore responsabilità da parte delle aziende, le Nazioni Unite hanno adottato nel 2011 i Principi Guida delle Nazioni Unite su Imprese e Diritti Umani che descrivono la responsabilità fondamentale delle imprese di garantire il rispetto dei diritti umani e di non incidere negativamente su tali diritti attraverso le loro attività o le loro relazioni commerciali lungo l’intera catena di fornitura. Inoltre, gli stessi principi sono contenuti nelle Linee Guida dell’OCSE destinate alle Imprese Multinazionali, che comprendono un catalogo più ampio di tematiche relative al comportamento responsabile dell’impresa (RBC). Nel quadro del Piano d’azione nazionale “Imprese e diritti umani” della Svizzera 2020–2023 (PAN), anche la Confederazione promuove il comportamento responsabile delle imprese. Il Consiglio federale richiede alle imprese che si assumano la loro responsabilità in materia di diritti umani. La condotta aziendale responsabile è un importante motore per lo sviluppo sostenibile ed assume un’importanza strategica per le aziende. Secondo gli standard internazionali l’attuazione della dovuta diligenza in materia di diritti umani si articola in sei fasi (v. grafico esplicativo).
Nuovi requisiti legali in Svizzera
Sono sempre più numerosi gli obblighi legali sulla dovuta diligenza e trasparenza per le aziende. In Svizzera, ad esempio, sulla base del controprogetto indiretto all’iniziativa popolare “Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente”, si introducono nuovi obblighi per le aziende in tre aree tematiche:
la rendicontazione non-finanziaria,
e obblighi di dovuta diligenza e trasparenza nell’ambito
dei minerali dei conflitti e
del lavoro minorile.
Le disposizioni sono entrate in vigore il 1° gennaio 2022, e si applicheranno per la prima volta nell’anno fiscale 2023.
Iniziare a cimentarsi nell’implementazione della dovuta diligenza
La maggior parte delle aziende si è già dotata di varie misure e processi relativi alla dovuta diligenza in materia di diritti umani, per esempio nell’area della salute e sicurezza sul lavoro, della non discriminazione o del lavoro minorile. Spesso, tuttavia, questi processi non sono stati istituiti nel contesto della dovuta diligenza sui diritti umani e, quindi, non sono immediatamente riconducibili ad essa. Un buon punto di partenza per implementare efficacemente la dovuta diligenza è quindi condurre un’analisi delle misure esistenti per valutare in che misura l’azienda già soddisfa i sei elementi fondamentali della dovuta diligenza e quali sono, eventualmente, le lacune da colmare. L’obiettivo è di partire da quello che già esiste e funziona. Sulla base di quest’analisi, si identificano misure utili per l’ulteriore sviluppo dei processi di dovuta diligenza e si può elaborare un primo rapporto sull’argomento.
Peculiarità per le PMI
La responsabilità di rispettare i diritti umani si applica a tutte le aziende, indipendentemente dalle loro dimensioni. Tuttavia, l’implementazione concreta della dovuta diligenza varia a seconda delle dimensioni e del profilo di rischio dell’azienda, che deve sempre essere vincolato alle circostanze specifiche e al contesto operativo dell’azienda. Le peculiarità per le PMI derivano, per esempio
dalla capacità e il grado di formalizzazione dei processi aziendali e della struttura di gestione associati alla dovuta diligenza;
dalla natura delle relazioni con i fornitori e la complessità della catena di approvvigionamento. Infatti, le PMI mantengono relazioni più strette con i fornitori e presentano catene di fornitura che permettono di semplificare notevolmente i processi di dovuta diligenza.
Ciononostante, le misure specifiche adottate devono sempre tenere conto della gravità degli impatti sui diritti umani. Gli impatti gravi richiedono misure appropriate indipendentemente dalle dimensioni dell’azienda. Una PMI con un alto profilo di rischio dovrebbe quindi implementare processi di dovuta diligenza più stringenti di una PMI caratterizzata da rischi meno elevati. Pertanto, il contesto e l’attività di un’azienda sono il primo elemento da considerare nel progettare la dovuta diligenza, mentre la dimensione dell’azienda rimane un aspetto secondario.
Rivedere il webinar “Due diligence (Dovuta diligenza) in materia di diritti umani” del 6 settembre 2022
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/11/ART22-diritti-umani.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-11-02 11:30:232022-11-24 10:32:11Dovuta diligenza in materia di diritti umani: una guida per le aziende
Lo specialista della gestione PMI è un professionista che sarà in grado di guidare un’impresa di piccola e media grandezza. La formazione di lunga durata proposta è trasversale a molteplici competenze aziendali e comparti settoriali. Una volta ottenuto l’attestato federale, lo specialista della gestione PMI potrà assumere la direzione operativa di una PMI e/o divenire quadro in una più grande azienda.
Moduli e materie d’esame
Il corso si articola in 352 ore-lezione su tre semestri. I moduli trattano le seguenti sei materie con riconoscimento FIP (Formazione Imprenditori PMI):
Gestione generale dell’impresa
Leadership, comunicazione, gestione del personale
Organizzazione
Contabilità e finanza
Marketing, pubbliche relazioni, rapporti con i fornitori e la clientela
Diritto in materia di gestione PMI
Al termine di ciascun modulo vi sarà un esame modulare. La frequentazione e il superamento di questi sei moduli rendono possibile l’ammissione all’esame federale finale.
Destinatari
Professionisti e impiegati che vogliono acquisire le competenze e le conoscenze per assumere la posizione di quadro in una PMI e/o coordinare i settori di un’azienda di dimensioni più grandi.
Collaboratori che si preparano alla successione aziendale.
Imprenditori di PMI proveniente dall’estero e che intendono familiarizzare con le caratteristiche culturali e legali della gestione aziendale in Svizzera.
Contributi federali
Gli studenti che frequentano questo corso possono beneficiare di un contributo federale. Per richiedere il contributo si devono soddisfare 4 requisiti. Se tutti i requisiti sono soddisfatti, la Confederazione vi rimborsa il 50 percento dei costi computabili sostenuti.
Anche la Cc-Ti ha partecipato all’evento del DFE dedicato alle micro e piccole-medie aziende ed al tema CSR.
Si è svolto il 13 ottobre scorso a Stabio, alla presenza del Consigliere di Stato Christian Vitta e di un folto pubblico, l’evento “Imprese responsabili per un Ticino sostenibile”, a cui hanno partecipato in veste di relatori anche Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti e Gianluca Pagani, CSR Manager Cc-Ti.
È stata un’occasione preziosa per dare rilievo ad alcuni degli strumenti concreti che il DFE mette a disposizione delle micro e piccole medie imprese in questo ambito vieppiù importante per l’economia cantonale.
Come emerso anche dai lavori del Gruppo strategico per il rilancio del Paese, la responsabilità sociale delle imprese è sempre più centrale per favorire una crescita sostenibile e orientata al futuro del nostro tessuto economico e del nostro territorio. Pertanto il Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), con l’obiettivo di rafforzare la promozione della responsabilità sociale delle imprese e sensibilizzare le aziende sull’importanza di consolidare il proprio impegno verso questo tema, ha organizzato l’evento “Imprese responsabili per un Ticino sostenibile”.
L’evento si è aperto con i saluti del Consigliere di Stato Christian Vitta, del Sindaco di Stabio Simone Castelletti, del Direttore della Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Cantone Ticino (Cc-Ti) Luca Albertoni e della Presidente dell’Ente regionale per lo sviluppo del Mendrisiotto e Basso Ceresio (ERS-MB) Roberta Pantani Tettamanti.
A seguire, gli interventi della Docente ricercatrice della SUPSI Jenny Assi e del CSR Manager della Cc-Ti Gianluca Pagani hanno dato ampio spazio alla promozione delle buone pratiche di responsabilità sociale che le aziende possono adottare e dello strumento del rapporto di sostenibilità semplificato. Quest’ultimo è stato voluto dal DFE, in collaborazione con la Cc-Ti e con il supporto scientifico della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSI). Questo modello semplificato di rapporto di sostenibilità, facilmente accessibile online al sito www.ti-csrreport.ch, aiuta le aziende nell’allestire un rendiconto sull’impatto sociale e ambientale delle loro attività.
C. VittaL. AlbertoniG. Pagani
Si è tenuta in seguito una presentazione da parte del Direttore dell’ERS-MB, Claudio Guidotti, inerente al nuovo strumento di cui si è dotato l’ente nell’ambito della responsabilità sociale delle imprese.
Il pomeriggio si è concluso con una tavola rotonda, moderata dal giornalista della RSI Paolo Bobbià, che ha messo in evidenza le esperienze concrete di alcune aziende del territorio che applicano buone pratiche di responsabilità sociale delle imprese negli ambiti economico, sociale e ambientale.
L’evento è inoltre stato un’occasione preziosa per far emergere e valorizzare maggiormente le numerose buone pratiche che le imprese già adottano a favore, ad esempio, del personale, della comunità e dell’ambiente, e per dare rilievo a un tema vieppiù importante per l’economia cantonale.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/10/ART22-imprese-sost-1.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-10-18 09:14:442022-10-19 11:55:31Imprese responsabili per un Ticino sostenibile
Comunicato stampa della 105esima Assemblea Generale Ordinaria della Cc-Ti
Il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, il Presidente della Cc-Ti Andrea Gehri e la Vice Presidente della Cc-Ti Cristina Maderni
La Camera di commercio, dell’industria, dell’artigianato e dei servizi del Canton Ticino (Cc-Ti) ha tenuto il 14 ottobre 2022, presso l’Espocentro di Bellinzona, la sua 105esima Assemblea Generale Ordinaria. L’evento si è svolto con il fedele supporto dei due ‘Main Sponsor’ EFG Bank e Swisscom SA.
Alla presenza di circa 400 partecipanti si è svolta con successo la 105esima Assemblea generale ordinaria della Cc-Ti. Si sono svolti i lavori i previsti lavori assembleari, che hanno visto la nomina di quattro nuovi membri dell’Ufficio presidenziale (composto di 21 elementi in rappresentanza di tutti i settori economici del Cantone). Sono stati nominati all’unanimità dall’Assemblea Generale Ordinaria (in ordine alfabetico):
Dario a Marca, Capo vendita per la regione Ticino di Coop, in rappresentanza del settore della grande distribuzione;
Alessandra Juri Zanolari, contitolare della Adolfo Juri elettronica industriale SA, in rappresentanza del settore dell’industria elettronica;
Giuseppe Perale, professore, ricercatore e imprenditore, presidente della sezione ticinese di SwissMedtech, in rappresentanza del settore Medtech;
Piero Poli, CEO della Rivopharm SA e Presidente di Farma Industria Ticino, in rappresentanza del settore farmaceutico.
In seguito, vi sono stati gli interventi del Presidente Cc-Ti, Andrea Gehri, della Vicepresidente Cc-Ti, Cristina Maderni, il saluto al Presidente della Confederazione da parte del Presidente del Consiglio di Stato ticinese, On. Claudio Zali e del Consigliere di Stato Christian Vitta. Ospite d’onore è stato, come citato, il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, intervistato dal capo edizione del telegiornale e responsabile del settore nazionale della RSI Pietro Bernaschina. L’evento è stato chiuso con la presentazione di un’opera artistica eseguita appositamente durante questa occasione dall’apprezzata artista poliedrica Serena Maisto, nata a Mendrisio e residente a Lugano.
Fra tessuto economico sano, incertezze mondiali e necessità di riforme
Il Presidente Andrea Gehri e la Vicepresidente Cristina Maderni hanno ribadito un’economia ticinese in linea con le tendenze del resto della svizzera da tutti i punti di vista. Le incertezze internazionali legate alla reperibilità e ai costi delle materie prime e alle difficoltà nell’ambito energetico, in particolare, rendono però la vita difficile a moltissime imprese, che si trovano a dover operare nell’insicurezza di costanti di riferimento, con evidenti difficoltà di pianificazione e di investimento.
Per questa ragione, la Cc-Ti sta lavorando da tempo a stretto contatto con le aziende ticinesi produttrici e distributrici di energia e con le Autorità per cercare di trovare soluzioni praticabili, che non creino disparità di trattamento e permettano un piano strategico valido da proporre al mondo economico.
Proprio in quest’ottica il Presidente della Cc-Ti, Andrea Gehri, ha sottolineato l’importanza di un gesto politico concertato da parte di Confederazione, Cantone e Comuni sospendendo almeno temporaneamente l’incasso dei tributi pubblici che rincarano il prezzo dell’energia. Su un tema così complesso, tutti devono essere chiamati a fare la loro parte.
È stata ribadita e sottolineata la necessità di procedere anche a concrete riflessioni in materia di riforme fiscali sul piano cantonale, mettendo in atto quanto già deciso dal popolo e promuovendo modifiche che migliorino la competitività del nostro territorio, soprattutto sul piano della fiscalità delle persone fisiche.
L’intervento presidenziale non ha tralasciato di citare i numerosi servizi che la Cc-Ti, quale associazione-mantello dell’economia cantonale, mette a disposizione dei propri associati e l’impegno costante profuso a favore di cittadini e imprese quale mediatore in tutti i temi di attualità d’importanza per il migliore sviluppo auspicato del nostro territorio.
Unità d’intenti per centrare gli obiettivi
Il Consigliere di Stato e Direttore del Dipartimento delle finanze e dell’economia, Christian Vitta, ha sottolineato la grande incertezza del periodo che stiamo attraversando e i suoi risvolti concreti, in particolare per quanto concerne l’ambito energetico. Il Cantone ha istituito un apparato organizzativo al fine di monitorare costantemente la situazione ed essere pronto a reagire in caso di problemi di approvvigionamento energetico.
Ha inoltre rimarcato l’importanza di rendere il Ticino sempre più attrattivo e competitivo nel contesto nazionale e internazionale. Con questo obiettivo il Cantone continua a lavorare nella direzione di un aggiornamento del quadro fiscale: dopo le importanti riforme fiscali promosse negli scorsi anni sono attualmente in corso degli approfondimenti in vista di una futura riforma della Legge tributaria cantonale.
Il Cantone punta inoltre con determinazione sul tema dell’innovazione, in particolare attraverso la concretizzazione del Parco dell’innovazione ticinese e lo sviluppo dei suoi centri di competenza.
Ha infine ricordato l’importanza dell’unione d’intenti e del gioco di squadra, elementi che si sono rivelati fondamentali nell’affrontare la crisi pandemica e che saranno indispensabili anche per affrontare le sfide future.
In conclusione il Consigliere di Stato ha rivolto i propri ringraziamenti alla Cc-Ti per la costruttiva collaborazione e agli imprenditori che, nonostante le difficoltà del contesto, contribuiscono allo sviluppo economico del nostro Cantone e al mantenimento di posti di lavoro sul nostro territorio.
Economia e politica internazionale
L’assemblea si è fregiata dell’intervista al Presidente della Confederazione Ignazio Cassis, sollecitato su vari temi di politica internazionale dal capo edizione del telegiornale e responsabile del settore nazionale della RSI Pietro Bernaschina. È stata l’occasione per ribadire la complessità del contesto attuale e gli effetti per l’economia svizzera. Sottolineando però quanto l’economia elvetica, in un contesto di forte interdipendenza fra paesi, continui a giocare un ruolo importante anche a livello internazionale.
“Il futuro è sempre in costruzione”
Da quella frase che rappresenta lo spirito della 105esima Assemblea Generale Ordinaria Cc-Ti, l’artista svizzera Serena Maistro ha rappresentato con in un’opera pittorica, la spinta che immagina essere in ogni imprenditore davanti alle tante sfide: “Non essendo alberi, possiamo muoverci, provare, reinventarci, capire e vedere cosa si può creare di nuovo e cosa possiamo modificare di già esistente.Il cambiamento arriva. Che sia per decisione propria, per necessità o per obbligo, è qualcosa che ci fa evolvere.”
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/10/ART22-ago-ok.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-10-14 18:00:002022-10-20 13:52:32Malgrado un’economia che si sta dimostrando solida, le preoccupazioni sono date da tutte le incertezze che contraddistinguono il periodo attuale
Vi presentiamo una nuova proposta della Cc-Ti quale “percorso formativo con attestato”
Esistono molte definizioni di ‘leadership’. Semplificando possiamo dire un leader vuole muoversi verso qualcosa che desidera creando qualcosa che prima non esisteva. È un lungo viaggio, denso di scoperte, fatiche e riconoscimenti. E ogni viaggio che si rispetti inizia sempre con un primo passo.
Il percorso formativo ABC della leadership rappresenta un primo passo in questa direzione. Si tratta di un corso creato appositamente per i leader alle prime armi o per chi si accinge a diventare un leader.
Il percorso è stato progettato per migliorare le performance dei neo-leader attraverso la valorizzazione delle loro individualità e l’integrazione di nuove competenze allo stile personale di gestione. Attraverso la definizione di azioni concrete da intraprendere, i neo-leader apprenderanno come valorizzare la capacità di:
comunicare con chiarezza obiettivi e visione
riconoscere e premiare i collaboratori
supportare il loro sviluppo e rappresentare un esempio da seguire.
Si tratta di una proposta creata con l’approccio del business coaching, in cui consapevolezza e responsabilità saranno i pilastri di ogni tema trattato attraverso esercitazioni pratiche. L’ABC della leadership parte dalla presa di coscienza del proprio nuovo ruolo all’interno dell’organizzazione e prosegue ponendo le basi per migliorare la comunicazione interna, la gestione del feed-back, il processo di delega, la mediazione e termina con l’apprendimento delle tecniche per far crescere il proprio team. Pur riconoscendo che ognuno si trova in un punto diverso del proprio percorso, verranno offerti idee, concetti e strumenti chiave destinati a semplificare e a far progredire efficacemente il proprio percorso di leadership.
I percorsi formativi Cc-Ti sono costituiti da più moduli interconnessi che possono, però, essere frequentati anche singolarmente. Coloro che seguono la formazione completa hanno la possibilità di sostenere un esame finale e, al superamento dello stesso, viene rilasciato un attestato di frequenza Cc-Ti.
Da anni la Cc-Ti è impegnata in una costante attività di sensibilizzazione delle nostre aziende sulla responsabilità sociale delle imprese (CSR). In collaborazione con il Cantone, associazioni e fondazioni, supporta anche gli imprenditori nell’implementare le buone pratiche della CSR, grazie ad un’offerta mirata di informazione e formazione. Un impegno che scaturisce dalla convinzione che sostenibilità e responsabilità sociale siano ormai elementi imprescindibili nelle strategie di crescita produttiva e di rilancio competitivo.
Oggi, tuttavia, non è per nulla facile orientarsi e scegliere tra le numerose certificazioni CSR (tra quelle volontarie delle stesse imprese e quelle invece richieste espressamente dal mercato), per comunicare all’esterno il valore, non solo economico, ma anche sociale e ambientale creato dall’azienda, rafforzando così la sua immagine e la sua reputazione. Tanto più che la responsabilità sociale è ora contemplata tra i requisiti previsti dalla nuova legge cantonale sulle commesse pubbliche. Un problema delicato e pressante per le aziende, a cui la Cc-Ti il prossimo 13 settembre dedicherà un evento di approfondimento, in collaborazione con la Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), la sezione ticinese della Società Svizzera impresari costruttori e la SQS, l’Associazione Svizzera per Sistemi di Qualità e di Management. Sarà un incontro incentrato proprio sugli interrogativi che si pongono tanti imprenditori: “Districarsi tra certificazione e labels in tema di CSR. Quali sono le certificazioni che contemplano gli indicatori CSR scelti per la nuova Legge sulle commesse pubbliche?”.
Come orientarsi, dunque, nella ‘giungla’ delle certificazioni?
“È oramai assodato che la CSR rappresenti un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile. Da alcuni anni la International Organization for Standardization (ISO), principale istituto di normazione con sede a Ginevra, ha allineato le proprie strategie all’Agenda Globale delle Nazioni Unite per il 2030 e ai suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Come ISO, anche altri istituti di standardizzazione e normazione si sono attivati in tal senso. Ne consegue un progressivo e crescente sviluppo di standard certificabili e non certificabili, la cui scelta di adozione richiede un minimo di cultura sul tema”, risponde Silvio Genovese, membro della Direzione e responsabile di Divisione della SQS, che sarà tra i relatori dell’incontro di settembre. Con lui facciamo il punto su una materia complessa che investe sempre più direttamente l’attività imprenditoriale.
Per orientarsi in questa ‘giungla’, spiega Genovese, è necessario in primo luogo fare i conti con i bisogni delle imprese, con la visione strategica a medio e lungo termine in relazione alle tendenze di mercato, ma anche con lo status quo dell’azienda dal punto di vista organizzativo e culturale. “L’adozione di standard ISO e loro certificazione è una scelta strategica- puntualizza-. Se la loro implementazione avviene con convinzione e consapevolezza, può innescare una virtuosa trasformazione organizzativa e culturale delle aziende e della loro catena di fornitura. È pertanto importante che i vertici aziendali guidino questa scelta con senso di responsabilità e consapevolezza”.
Se la CSR è un requisito con cui tutte le aziende devono confrontarsi, allo stesso tempo si assiste, però, ad un proliferare di consulenti, esperti ed enti certificatori. Perciò, non è sempre facile la scelta giusta. Come capire cosa fare, come fare e, soprattutto, con chi fare?
“Data la complessità del tema, è probabile che l’azienda non disponga al suo interno di tutte le competenze necessarie per destreggiarsi tra i vari requisiti normativi, pertanto, l’accesso a consulenti esterni o a esperti in materia diventa una necessità – afferma Genovese -. È doveroso però fare una distinzione di ruoli tra consulenti, esperti, personale di organismi di certificazione non accreditati e personale di organismi di certificazione accreditati. Le persone appartenenti a quest’ultima categoria, di cui anche l’organismo SQS che rappresento fa parte, sono sottoposti a rigorosi processi di qualifica e valutazione e a vincoli di imparzialità, verificati ciclicamente dagli enti di accreditamento nazionali (in Svizzera il Servizio Svizzero di Accreditamento – SAS), che per tutte le altre categorie menzionate non sono richiesti”.
Ne consegue che gli interlocutori degli organismi di certificazione accreditati siano esperti in materia, in grado di fornire informazioni imparziali, affidabili e utili per approcciarsi al tema, per svolgere attività di valutazione, ma non autorizzati a supportare le aziende con servizi di consulenza. “La separazione dei ruoli deve essere netta -avverte-. Se l’azienda necessita di un supporto consulenziale è bene appoggiarsi a soggetti conosciuti sul territorio e ben referenziati, incentrando i criteri di scelta su professionalità ed esperienza delle persone coinvolte, piuttosto che ricercare il prezzo più basso o il risultato più facile. L’approccio alla sostenibilità comporta una conoscenza totale dell’azienda e dei suoi processi, oltre che la condivisione di informazioni sensibili. Per questo è necessario essere accompagnati da soggetti e istituzioni riconosciuti ed affidabili”.
“La scelta di stimolare le aziende che forniscono beni e servizi alla collettività ad affrontare le tematiche di CSR è un’iniziativa importante – osserva Genovese -. Il modello di rapporto, sebbene definito ‘semplificato’ è comprensivo di tutte le problematiche principali in ambito CSR, pertanto rappresenta uno strumento efficace e di semplice implementazione per avviare un processo di sviluppo sostenibile per le PMI. Il rapporto rappresenta un importante strumento di dialogo per più categorie di stakeholder: collaboratori, clienti, fornitori, enti finanziatori, enti pubblici e media. La certificazione della Cc-Ti è un ulteriore valore aggiunto che permette alle aziende di rendere lo strumento non autoreferenziale e pertanto più credibile, consentendo loro il diretto accesso alle commesse pubbliche con informazioni verificate”.
Ma quali sono gli elementi chiave a cui bisogna prestare maggiore attenzione tra i numerosi indicatori della CSR che figurano nella nuova legge sulle commesse pubbliche?
Secondo Genovese, tutte le tematiche sono importanti e la scala di priorità può variare da azienda ad azienda in base al momento storico in cui esse si trovano a vivere. Certamente tutto ciò che viene dichiarato nella stesura del rapporto deve essere veritiero, omettere questioni rilevanti mina la reputazione dell’azienda. “La trasparenza- precisa- è uno degli elementi vincenti nel processo di rendicontazione. Altrettanto fondamentale è definire obiettivi di sviluppo coerenti con le possibilità dell’azienda. Portare a termine gli impegni presi è sinonimo di credibilità e affidabilità. In ambito di sviluppo sostenibile fare poco e bene è decisamente meglio che voler strafare e non riuscire nell’intento”. A tale proposito, va sottolineato che con il rapporto di sostenibilità semplificato si ottiene il punteggio massimo già soddisfacendo i requisiti di 25 indicatori su 30.
Oggi, sotto la pressione di un’opinione pubblica sempre più sensibile ai temi della responsabilità sociale e della sostenibilità ambientale, le imprese spesso vogliono avere più certificazioni per conseguire un ulteriore valore aggiunto in termini di reputazione, immagine e competitività. La sfida è selezionare e conseguire gli attestati più idonei a raggiungere questo obiettivo. Ma le certificazioni richiedono impegno e risorse.
Il vero problema, però, non è di quante certificazioni disponga un’azienda, ma di quanto riesca a fare di queste certificazioni un investimento, spiega Genovese: “L’efficacia dell’investimento, nel caso delle certificazioni si misura con il miglioramento dell’impatto sociale, ambientale ed economico nel lungo periodo. Indipendentemente da quante certificazione ha un’impresa, se migliora la propria organizzazione, acquisisce quote di mercato, risponde alle richieste di shareholder e stakeholder e non da ultimo, consolida il proprio capitale reputazionale”.
Il responsabile di Divisione della SQS sbarazza il campo anche da un altro luogo comune secondo cui la CSR riguardi solo le medie e grandi aziende. In realtà ha, invece, un peso e un’importanza crescenti anche per le piccole imprese, che possono contare su molteplici sostegni per implementare le buone pratiche della responsabilità sociale. Genovese ricorda opportunamente che il tessuto dell’economia ticinese è formato per lo più da piccole e medie imprese che sono gli elementi fondanti della catena di fornitura delle medie-grandi aziende, e le politiche CSR di queste ultime devono tenerne conto. Il progressivo coinvolgimento di tutti i soggetti della catena di fornitura da parte delle medie-grandi imprese rispetto ai temi della CSR è pertanto fondamentale. “La piccola impresa che si trova ad affrontare le tematiche CSR -dice- dovrà fare delle scelte di priorità, procedendo per gradi e con il sostegno di Governo, università, associazioni economiche e istituti finanziari attraverso iniziative di formazione, informazione e incentivi economici. Va ribadito che la diffusione dei temi CSR necessita del contributo di tutti gli attori economici”.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/06/EVT22-labels.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-08-25 13:42:492022-08-25 13:42:49Una bussola per orientarsi nella ‘giungla’ delle certificazioni
Negli ultimi mesi, i garanti della privacy europei sembrano aver dichiarato guerra ai sistemi di tracciamento che consentono di monitorare i risultati delle attività digitali. In particolare, a Google Analytics, la piattaforma di analisi che permette di analizzare le visite ai siti web, secondo alcune interpretazioni violerebbe il GDPR (Regolamento Europeo per la Tutela dei Dati personali).
Il Regolamento, è bene ricordarlo, riguarda anche le imprese svizzere perché si concentra sull’utente che naviga il sito. Quindi se un’azienda australiana, svizzera o canadese fa una campagna di web marketing in cui tratta dati di cittadini UE, è soggetta al GDPR quanto un’azienda italiana, francese o tedesca. Le imprese ticinesi sono particolarmente coinvolte, perché la maggioranza di esse (in particolare quelle legate ad accoglienza e turismo) si rivolge anche al pubblico italiano. Ed è proprio l’Italia ad essere tra i maggiori protagonisti di questa vicenda, che rischia di destabilizzare molte attività digitali già in corso e rendere decisamente più complesse quelle a venire.
Ma cosa è successo esattamente? Ecco una breve analisi. Il 9 giugno scorso il garante della Privacy Italiano ha emesso un provvedimento con cui sembra considerare illegale Google Analytics. La pietra dello scandalo è la denuncia contro una nota società che pubblica contenuti editoriali sul web, “rea” di aver raccolto e trasferito i suoi dati a Google LLC “in assenza delle garanzie previste dal capo V del GDPR”. Si tratta del paragrafo che disciplina i trasferimenti di dati verso “Paesi terzi” ovvero al di fuori dello spazio economico europeo: in sintesi, sono ammessi solo se il Paese ricevente garantisce un livello di protezione adeguato a quello europeo. I Paesi considerati conformi al GDPR sono elencati in una lista ufficiale, che include anche la Svizzera. Ma, incredibile a dirsi, gli USA sono considerati “non adeguati”. La patria delle più importanti aziende digitali attive a livello globale, da cui sono partite le maggiori innovazioni, non è più considerata compliant dal 16 luglio 2020, quando, con la sentenza Schrems II, la Corte di Giustizia Europea ha dichiarato invalido l’accordo Privacy Shield che regolamentava il traffico di dati tra Europa e Stati Uniti. L’accordo, in vigore dal 2016, succedeva a Safe Harbour, a sua volta affossato nel 2015 in seguito alla sentenza Schrems I.
Cosa ha portato a una decisione così radicale? Le leggi statunitensi, in primis il Patriot Act, concedono ampia discrezionalità alle agenzie di intelligence, come CIA, NSA o FBI: in caso di sospetta minaccia per la sicurezza nazionale, possono esaminare i dati contenuti nei server di qualunque azienda che abbia sede negli Stati Uniti, anche se appartengono a cittadini stranieri, e senza autorizzazione da parte di un tribunale. Questo, in teoria, significherebbe avere accesso a informazioni molto delicate, come lo stato di salute, l’orientamento sessuale o politico, il credo religioso, ma anche abitudini alimentari, situazione sentimentale, genitorialità, ecc.. L’apprensione di Bruxelles è comprensibile: il Patriot Act è stato duramente contestato anche in patria, e per questo “addolcito” nel corso degli anni, ma senza scardinare i punti più controversi.
Questa situazione ha portato a uno stallo geopolitico che dura da due anni. La soluzione sembra ancora lontana, nonostante l’“accordo di principio” ottimisticamente annunciato la scorsa primavera da Joe Biden e Ursula Von Der Leyen.
In questo contesto, la decisione dei garanti europei sembra voler spingere al raggiungimento di un’intesa. A farne le spese è però l’intera economia digitale, a cominciare proprio dalle Big Tech. Già lo scorso febbraio, Meta (nuovo nome della holding che include Facebook e Instagram) aveva scritto un’accorata lettera alla Sec, l’autorità statunitense di vigilanza per il mercato e la borsa valori, lamentando che in assenza di una nuova regolamentazione per il flusso dei dati tra Europa e Stati Uniti, «non saremo più in grado di offrire alcuni dei nostri prodotti e servizi più importanti, compresi Facebook e Instagram in Europa, fatto che influirebbe materialmente e negativamente sulla nostra attività, sulla nostra condizione finanziaria e sui risultati delle nostre operazioni» (frase riportata da varie fonti stampa tra cui il noto blog di tecnologia Mashable).
Google non è rimasto a guardare. Consapevole che la piattaforma Google Analytics presentava dei limiti tecnici per la compliance al GDPR, ha lavorato al rilascio di una nuova versione, completamente rinnovata e potenziata, pronta per essere compliant: Google Analytics 4. La nuova release, se correttamente configurata, permetterebbe di continuare le attività di tracciamento nel rispetto della normativa. Ma solo se viene raggiunto un accordo politico tra Washington e Bruxelles: se non fosse così, il mero utilizzo di piattaforme e software Made in USA che comportano passaggio di dati a server sul territorio statunitense potrebbe diventare passibile di sanzione. Quindi non solo Google Analytics: il problema si porrebbe anche, a titolo d’esempio, per gli spazi cloud come Google Drive, Dropbox, Microsoft One Drive; per soluzioni di marketing automation come Hubspot; per programmi di messaggistica come Whatsapp; e per tutti i social media, incluso Linkedin!
Un bel problema per chiunque lavori o promuova la sua attività attraverso il Web. Le Big Tech statunitensi hanno conquistato una posizione di mercato pressoché dominante e la loro adozione diventa una specie di scelta obbligata, dal momento che non esistono competitor europei in grado di tenergli testa. Come alternativa a Google Analytics viene spesso citato Matomo, software di tracciamento tedesco che è stato indicato come possibile alternativa anche dal severissimo CNIL, il garante francese. Un ottimo strumento, indubbiamente, ma che non può eguagliare la potenza di fuoco di una suite di strumenti digitali creata da una delle tech companies più potenti del pianeta.
Quindi, cosa fare? La soluzione non è certamente tornare a penna e calamaio. Possiamo invece vedere in questa complessa situazione un’opportunità: se non abbiamo ancora iniziato a rivedere i nostri processi digitali in funzione della nLPD e del GDPR, è arrivato il momento di farlo. Soprattutto se il nostro mercato trascende i confini svizzeri. Si tratta di un cambiamento da non sottovalutare: non si tratta di inserire un banner sul sito ma di rivedere completamente i metodi di raccolta e trattamento dati online e offline. Un percorso in cui è meglio farsi affiancare da un legale specializzato in materia, e in cui tutta l’azienda deve sentirsi pienamente coinvolta. Le decisioni in materia non potranno più essere delegate interamente a terzi (per esempio, le web agency) ma andranno prese intorno ai tavoli aziendali. Anche per questa ragione, la formazione sui temi del digitale deve diventare una priorità: per prendere le decisioni giuste, è indispensabile una conoscenza approfondita della materia. Una conoscenza vista però dalla parte dell’impresa, che trascende i tecnicismi e si concentra maggiormente sugli aspetti strategici, organizzativi e anche legali, oltre che sulle opportunità di mercato.
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/08/ART22-dati.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-08-24 09:07:442022-08-24 09:07:44Quale futuro per la tracciabilità dei dati?
Gli esperti di comunicazione sostengono che se si chiede a qualcuno che cosa sia la comunicazione, la risposta nel 90% dei casi è: “la comunicazione è il modo in cui una persona parla, esprime i propri pensieri, bisogni, esigenze e punti di vista”.
Questo concetto in linea generale è corretto, ma la comunicazione è molto di più ed ha una componente estremamente importante che viene spesso omessa, una componente che esprime in modo molto più sincero e veritiero l’informazione che viene realmente trasmessa e non è legata né alle parole né al tipo di voce o tonalità. È sufficiente un’espressione del viso, uno sguardo, un gesto, un cambio di postura da parte del nostro interlocutore, per poterne comprendere il messaggio completo ed i relativi pensieri ed emozioni che ci sta comunicando e che non esprime per il tramite delle parole. Stiamo parlando del linguaggio del corpo o comunicazione non verbale. Chi conosce e sa leggere il linguaggio del corpo, ha il potere di comprendere fino in fondo se, il suo interlocutore crede realmente in quello che sta dicendo, se è sincero, oppure se mente spudoratamente utilizzando belle parole, bei discorsi ingannevoli, nascosti dietro a grandi sorrisi. Questo è possibile perché, questa componente della comunicazione è inconsapevole ed è pressoché impossibile controllarla, poiché sono le emozioni che prendono il sopravvento e si manifestano attraverso il corpo.
Linguaggio del corpo ed emozione
Quando parliamo di linguaggio del corpo ci riferiamo a tutti quei micro-segnali che il nostro corpo trasmette involontariamente, che sono costituiti da gesti, postura, espressioni facciali, andatura, ecc. che mostrano le nostre emozioni. Le emozioni sono gestite dal sistema limbico che si occupa delle risposte emotive e comportamentali. Grazie al sistema limbico quando proviamo gioia, rabbia, tristezza, paura e tutte le altre emozioni, esse si manifestano nel corpo inviando segnali di cui non siamo consapevoli e che esprimono i nostri stati d’animo ed i pensieri ad essi legati.
Come interpretare il linguaggio del corpo
Per poter interpretare il linguaggio del corpo dobbiamo essere in grado di decifrare i messaggi che il nostro interlocutore ci invia. Innanzitutto, dobbiamo fare una distinzione tra linguaggio del corpo consapevole ed inconsapevole. Il primo si riferisce a quei segnali ed espressioni che utilizziamo in modo consapevole per rafforzare e veicolare la nostra comunicazione, per mantenere viva l’attenzione e/o creare empatia. Queste abilità nel comunicare vengono utilizzate spesso da politici, presentatori, oratori, formatori ecc. Essi assumono posture erette che esprimono sicurezza, utilizzano in modo controllato le braccia e le mani, con movimenti aperti, se vogliono attrarre a sé il pubblico e allo stesso modo utilizzano posture più dominanti e movimenti di mani e braccia più secchi, chiusi e veloci se vogliono apparire incisivi ed elargire ordini. Il linguaggio del corpo inconsapevole invece, è più comune in quanto la maggior parte delle persone, non ha le conoscenze e l’allenamento per controllare le risposte emotive del proprio corpo. Questi messaggi inconsapevoli li possiamo vedere in quasi ogni situazione della vita, gli esempi sono infiniti, ma prendiamone uno in particolare e vediamo quali sono le risposte a livello di linguaggio del corpo. Durante una riunione di lavoro il direttore comunica che l’azienda sta attraversando un periodo difficile, pertanto, a breve, se la situazione non migliora si dovrà ricorrere a tagli di personale. Questo messaggio inaspettato appena lo recepiamo ci fa inconsciamente spalancare gli occhi, dilatare le pupille, la nostra bocca si apre inspirando e tratteniamo il respiro per qualche istante, pieghiamo le spalle e corrucciamo la fronte. Tutto questo accade in modo inconscio e avviene in pochissimi istanti. Per meglio comprendere il linguaggio del corpo, vediamone alcuni esempi.
La mimica facciale
Per quanto il viso sia la parte più esposta, nasconde un mondo di messaggi di durata brevissima, ma di estrema importanza per la comprensione profonda del nostro interlocutore. A tutti è capitato di vedere una persona arrossire, impallidire o vederne il volto contrarsi. Queste sono le espressioni più evidenti e facili da notare che ci indicano in modo istantaneo l’emozione nascosta. Ma l’esperto in micro-espressioni facciali Paul Ekman ci insegna che con una buona conoscenza della materia e un po’ di pratica, è possibile decodificare tutta una serie di micro-espressioni, quei piccoli movimenti che durano pochissimi istanti e svelano le emozioni più nascoste.
Le sopracciglia che si sollevano per un istante e una dilatazione istantanea delle pupille, sta a significare paura.
Un ripiegamento degli angoli della bocca significa rimorso.
Un lato del labbro superiore che si incrina leggermente, significa disgusto.
Significato dei gesti
È importante premettere comunque che non possiamo basarci solo su di una micro-espressione piuttosto che su di un gesto o una postura per giudicare il nostro interlocutore, in quanto, dato che il linguaggio del corpo esprime le emozioni che stiamo provando, queste emozioni potrebbero non riferirsi a quanto detto da noi o dall’altro, ma potrebbero anche essere legate ad una sua situazione personale indipendente dal contesto. Per questa ragione è sempre importante osservare l’insieme dei messaggi che vengono trasmessi dal linguaggio del corpo di una persona ed eventualmente approfondire ponendo domande e osservandone le reazioni. Può capitare che se in una stanza fa molto caldo e un uomo si tocca la cravatta cercando di allargarla potrebbe fare questo gesto, perché ha molto caldo non perché sia in forte imbarazzo.
Toccarsi l’orecchio potrebbe significare che la persona sta mentendo.
Se quando una persona sta parlando alza leggermente la spalla, significa che non crede in quello che sta dicendo.
Dito puntato con sguardo opposto, maschera quello che sostiene o accusa.
Braccia incrociate sul petto può significare chiusura, disaccordo, ma attenzione a volte questa posizione indica anche che una persona è comoda e rilassata in quella posizione.
Postura e camminata
Infine, la lettura del linguaggio del corpo, può anche darci degli spunti sul tipo di personalità di una persona. In particolare, postura e camminata sono spesso correlati alla personalità di un individuo. Da esse possiamo capire se una persona è sicura o insicura, con una forte personalità o piuttosto debole.
Una postura diritta, aperta con camminata veloce a falcata, spesso indica una personalità forte e decisa.
Una postura diritta con movimenti morbidi, lo sguardo perso e la camminata un po’ distratta, indica una persona solare, che vive con la testa tra le nuvole e spesso è una persona molto creativa.
Una postura chiusa con spalle curvate in avanti, sguardo basso, passo lento che si trascina, può indicare una personalità debole, tristezza o depressione.
In conclusione
Conoscere e saper interpretare il linguaggio del corpo, oltre che essere molto utile per sé stessi, è soprattutto un fondamentale vantaggio nel mondo del lavoro, è una delle soft skills che tutti dovrebbero conoscere, poiché è la chiave per una buona comunicazione e una buona gestione delle persone, sia nei rapporti con i clienti che con i dipendenti, con i superiori e i colleghi.
Interessati ad approfondire questi temi? I prossimi 17 e 24 ottobre verranno approfonditi nel corso Cc-Ti “Il linguaggio del corpo”. Le iscrizioni sono aperte!
Articolo a cura di Luciana Mazzi, titolare di POWER LIFE ACADEMY, Lugano
https://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2022/08/ART22-linguaggio-corpo.jpg8531280Lisa Pantinihttps://www.cc-ti.ch/site/wp-content/uploads/2020/05/LG-cc-ti-03.pngLisa Pantini2022-08-22 08:38:002022-08-22 09:39:15Il linguaggio del corpo
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