Big data al servizio di tutti
L’opinione del Direttore Cc-Ti Luca Albertoni
Alcuni giorni fa, in occasione della nostra assemblea generale del centenario (tenutasi il 20 ottobre scorso), ho risollevato la questione dell’utilizzo dei Big Data, nello specifico dei segnali emessi dai telefoni cellulari, nel contesto della mobilità in senso lato. A scanso di equivoci e polemiche varie, l’ho tematizzato anche come strumento per la gestione di determinate attività aziendali. Lo scopo era quello di indurre alla riflessione sull’utilizzo di cifre e dati che sono già a disposizione o che possono essere raccolti con poco sforzo, tutelando ovviamente le privacy perché anonimi.
Ne avevo già parlato in svariate occasioni, citando città come Pully e Montreux, che per la pianificazione degli interventi sui rispettivi flussi di traffico hanno utilizzato questo sistema. Potrei aggiungere anche la gestione del traffico attorno allo stadio San Giacomo di Basilea e altri esempi, che possono comunque essere trovati sul sito internet di Swisscom sotto il capitolo “Smart City”. Legittimo quindi chiedersi se e come uno strumento utilizzato con profitto in altre regioni svizzere possa essere sfruttato in maniera costruttiva anche in Ticino, magari senza scatenare gazzarre ideologiche.
Ho sorriso vedendo alcuni commenti del tipo «interessante ma non risolve alcun problema perché ci vogliono più strade» o cose del genere. Nessuno, tantomeno io, ha mai preteso che questo strumento possa risolvere i problemi. La finalità è un’altra: cioè quella di dare informazioni attendibili per la ricerca di soluzioni. Una bella differenza, che non va banalizzata. Perché per risolvere veramente i problemi occorre prima capire di cosa si sta parlando, lasciando da parte le sole percezioni, rispettabili, ma pericolosamente atte a portare su strade sbagliate. Non è un caso che Montreux abbia risparmiato parecchi milioni di franchi rinunciando a costruire una galleria inutile e addirittura controproducente, per intervenire con altre misure risultate più efficaci. Dati invece o a complemento di percezioni umorali, non mi sembra così complicato. Poi i dati vanno valutati, analizzati e occorre trarne le debite conclusioni, con i processi decisionali previsti dal nostro sistema. Su questo non ci piove. Ma per potersi definire “smart”, quindi intelligente nel senso di capire le situazioni per cercare le soluzioni più adatte, occorre basarsi sulle indicazioni attendibili che la tecnologia mette oggi a disposizione, a costi molto contenuti. Può sembrare scontato, ma la comprensione dei fenomeni è fondamentale se si vuole operare in maniera veramente efficace e con la vera volontà di agire in modo costruttivo. Del resto, nessuno mette in dubbio l’utilità della tecnologia ad esempio per l’osservazione di fenomeni geologici e la prevenzione di catastrofi, come hanno dimostrato i recenti casi di Bondo e Saas-Fee, dove sono stati evitati guai peggiori per la popolazione proprio grazie a strumenti che qualche anno fa non esistevano ancora. Allora perché non farlo per altri ambiti? E non mi riferisco solo alle amministrazioni pubbliche, tanto è vero che non poche sono le aziende che si stanno muovendo per valutare, dati alla mano, determinate esigenze della clientela sulla base dei suoi spostamenti. Trattandosi di dati, la cui tipologia non lede i diritti dell’individuo, i rischi di abusi sono assai remoti, per non dire quasi inesistenti. Anche se sembra una frase fatta, non è fuori luogo dire che il futuro è adesso. A noi scegliere se vogliamo solo subirlo o se preferiamo cavalcarlo.