Un danNO alle libertà di tutti
Ci risiamo. Il prossimo 9 febbraio saremo chiamati alle urne per esprimerci sull’ennesima iniziativa moralizzatrice e liberticida.
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La cosiddetta iniziativa sulla responsabilità ambientale su cui gli svizzeri è semplicemente assurda e irrealistica. Chiede in sostanza che la Svizzera riduca l’impatto ambientale del 67% nei prossimi dieci anni, operando entro i limiti naturali della terra entro dieci anni. Nessuno mette in dubbio che la protezione della natura e dell’ambiente sia un obiettivo da perseguire e del resto la Svizzera non è per nulla inattiva sul tema. Da anni si stanno predisponendo misure, anche molto incisive, basti pensare alla legge sul CO2 e alla legge sull’elettricità. Del resto, non è un caso che dal 2000 la Svizzera è riuscita a mantenere la sua crescita e la sua prosperità riducendo l’impatto ambientale di oltre un quarto, il che dimostra che il buon funzionamento dell’economia e la protezione della natura non sono incompatibili. Anzi. Seguendo l’iniziativa si giungerebbe paradossalmente all’assurdità della riduzione dell’attività economica, riducendo anche le fonti di finanziamento delle politiche pubbliche. Un’autorete clamorosa di cui i vati dei divieti e della moralizzazione sembrano non rendersi conto, illudendosi probabilmente che i mezzi finanziari crescano sulle piante.
Con le misure draconiane che verrebbero introdotte per limitare in pochi anni le attività economiche vi sarebbe un’insostenibile rivoluzione del sistema economico con penalizzazioni per molti settori (agricoltura, energia, abitazione, abbigliamento, mobilità, ecc.), aumenti di costi spropositati per beni e servizi e un impatto sociale devastante per la popolazione. In nome della sostenibilità ambientale si omettono completamente gli altri due pilastri della sostenibilità, cioè quello economico e quello sociale, altrettanto fondamentali affinché il sistema funzioni. La transizione verso una società a basse emissioni di carbonio e rispettosa dell’ambiente richiede la considerazione di tutte le variabili.
È davvero una via praticabile quella di tornare agli anni Trenta del secolo scorso? Restrizioni imposte ai consumi, alla mobilità all’interno della Svizzera e ai viaggi all’estero, esplosione dei costi di cibo, riscaldamento, affitto e abbigliamento a causa di una scelta sempre più ristretta di prodotti a prezzi molto più alti significano una drastica riduzione della qualità di vita di tutte le cittadine e di tutti i cittadini.
Chi pretende di dare lezioni agli altri e di punire i comportamenti che, per convinzioni personali, ritiene poco “virtuosi”, non si rende conto che, mettendo in ginocchio il sistema economico senza valide alternative, non si sanzionano solo le aziende presunte cattive ma si massacra la popolazione. Obbligare le aziende questo a modificare alcuni fattori produttivi, in particolare i macchinari, prima della fine del loro normale ciclo di vita, comporterebbe oneri insostenibili, con costi spropositati per consumatrici e consumatori. Dati i costi di produzione già estremamente elevati in Svizzera – in particolare salari, affitti e prezzi dell’energia – e la forza del franco svizzero, i margini non sono abbastanza elevati per assorbire tali investimenti in un decennio. Conseguenza: impoverimento del tessuto economico e di tutta la popolazione. Non vi sono alternative a un chiaro NO a questa iniziativa che, se venisse accettata, paradossalmente saboterebbe anche la realizzazione degli scopi che si prefigge perché prosciugherebbe le risorse necessarie alla tutela dell’ambiente. Un’assurdità irresponsabile.