Un tempo, le strade erano un “arricchimento del paesaggio”

In autunno, gli Svizzeri voteranno sul piano di ampliamento delle autostrade.
Ma le strade veloci non sono sempre state un ostacolo nel nostro paese.
In passato la loro costruzione è stata addirittura acclamata; anche dai politici di sinistra.

© Staatsarchiv Luzern

L’anno è il 1955. Winston Churchill si dimette da Primo Ministro britannico. La Repubblica Federale della Germania Ovest diventa uno Stato sovrano. L’Unione Sovietica e sette Paesi dell’Europa orientale firmano il Patto di Varsavia. In Svizzera viene inaugurata la prima autostrada, o almeno un tratto di questa. L’inaugurazione ha avuto luogo l’11 giugno a sud di Lucerna, grosso modo dove oggi sorge la birreria Eichhof.
Era lunga circa quattro chilometri e si snodava tra Lucerna ed Ennethorw. In un supplemento speciale del quotidiano cattolico conservatore Vaterland, il titolo dell’epoca recitava: “Questa opera pioneristica segna una pietra miliare nella costruzione delle strade svizzere”. Si leggeva poi che quel giorno veniva inaugurata “l’apertura della prima linea ferroviaria Zurigo-Baden”. Il nuovo tratto autostradale non ha né guardrail né bretelle di accesso e uscita e non ci sono nemmeno limiti di velocità! In compenso, è provvista di passaggi pedonali e mezzi trainati da cavalli o biciclette vi possono circolare liberamente, come scrive Alexander Rechsteiner nel suo blog per il Museo Storico Nazionale. In quel periodo, la Confederazione non era ancora responsabile della costruzione delle strade, ma sostenne il progetto da 8 milioni di franchi nella misura del 60 %.

La “Berner Marsch” viene suonata per Grauholz

In generale, la costruzione di autostrade in Svizzera è iniziata relativamente tardi. Nel 1950 circolavano solo 147’000 automobili. In seguito, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, questo numero è aumentato in modo significativo grazie alla crescente prosperità, moltiplicandosi per tre volte e mezzo nel giro di dieci anni.
Nel Paese si sente quindi un’atmosfera di rinnovamento. Le autostrade sono viste come un motore economico, un segno di progresso e di sviluppo tecnico. Un degrado della natura? Al contrario. Nel 1955, il “Vaterland” si compiaceva del “tracciato armonioso” della nuova superstrada, che aveva “veramente arricchito il paesaggio”. Oggi questo tratto di strada fa parte della rete europea tra Amsterdam e Roma, conosciuta come E35. Qualche anno dopo, si sente dire la stessa cosa. “L’autostrada si inserisce perfettamente nel magnifico paesaggio bernese”, disse allora l’ex consigliere federale Hans Peter Tschudi (†) nel 1962 a proposito della Grauholz bernese. La „Berner Marsch“ viene suonata e poco dopo viene aperta al traffico la Strada Nazionale 1, oggi la A1. Ecco come la NZZ descrisse l’evento. Il socialista H.P. Tschudi è convinto che “le opere dell’uomo non danneggino l’immagine della nostra patria”.

“Kölliken ringrazia per l’autostrada”

Naturalmente, anche all’epoca si levarono voci critiche. Nel complesso, tuttavia, prevaleva uno stato d’animo positivo quando si trattava di costruire strade. Sui ponti si possono ad esempio leggere frasi come “Kölliken ringrazia per l’autostrada”. Gli appartamenti che si affacciavano sulle autostrade poterono persino essere affittati a prezzi particolarmente vantaggiosi: è quanto sostiene di aver scoperto il comico Mike Müller, che nel 2015 ha sviluppato il tema dell‘A1 in un progetto teatrale.
Il governo federale diventa responsabile per la costruzione di autostrade solo dal 1960. Questo cambiamento è stato preceduto nel 1956 da un’iniziativa popolare presentata dall’ACS e dal TCS, il cui scopo era migliorare la rete stradale. L’iniziativa prevedeva tra l’altro che la metà di tutte le entrate derivanti dall’imposta sugli oli minerali e sui carburanti doveva essere utilizzata per costruire strade per la circolazione delle automobili. Nel 1958, una controproposta della Confederazione fu accettata con l’85% dei voti favorevoli.
Negli anni successivi vennero fatti grandi investimenti: si aggiungevano continuamente nuovi tratti e, giusto in tempo per l’esposizione nazionale Expo 64, la Svizzera francese ebbe la sua prima autostrada con il tratto tra Ginevra e Losanna. La maggior parte delle autostrade fu invece costruita tra il 1965 e il 1975. Nel 1980, oltre l’80% della rete autostradale era già a quattro corsie. Le opere fondamentali di questo periodo furono l’apertura del tunnel del San Bernardino alla fine del 1967 e, naturalmente, il tunnel stradale del Gottardo, completato il 5 settembre 1980 dopo dieci anni di lavori.

Limiti di velocità? Neanche per sogno

Con l‘aumento del traffico, aumenta anche il numero di vittime della strada. Nel 1970 si contarono 1’700 vittime della circolazione. La ragione principale fu la mancanza di barriere anticollisione centrali e di limiti di velocità. All’inizio degli anni ‘60, il Consiglio federale non era ancora favorevole all’introduzione di limiti di velocità sulle autostrade. L’attuale limite massimo di velocità di 120 km/h è in vigore solo dal 1985, mentre prima, su alcuni tratti, era possibile viaggiare anche a 130 km/h. Resta il fatto che il numero di vittime della strada è costantemente diminuito dopo il triste primato del 1970. Secondo l’Ufficio federale di statistica, il numero di vittime nel 2023 si attesta a 236. Oggi la rete stradale nazionale si sviluppa su 2’254 chilometri. Negli ultimi anni la stessa ha subito una serie di adeguamenti della capacità a causa di vari colli di bottiglia che hanno causato lunghi ingorghi: i principali sono la terza canna del tunnel di Baregg (2004), l’allargamento a sei corsie del tratto di A1 tra Härkingen e Wiggertal (2015) e l’apertura della terza canna del Gubrist (2023). La tangenziale ovest con il tunnel dell’Uetliberg (2009) è particolarmente importante per la regione di Zurigo.

La rete autostradale è sull’orlo del collasso

Per quanto importanti per il trasporto di merci e persone, le autostrade svizzere sono oggi giorno molto contestate, come dimostra il referendum contro il progetto del loro ampliamento. La situazione è che dal 2010 “il numero di ore passate fermi in colonna sulle strade nazionali è più che raddoppiato, e questo a causa degli ingorghi causati da sovraccarico delle infrastrutture”, come evidenziato dall’Ufficio federale di statistica sul suo sito web. In concreto, nel 2022, gli svizzeri hanno trascorso quasi 40’000 ore bloccati in ingorghi.
Rispetto al 2021, questo rappresenta un aumento del 23 %. Le ragioni sono chiare: negli ultimi anni la Svizzera è diventata ancora più attraente come luogo in cui vivere e lavorare, e la popolazione è quindi in crescita. Alla fine di giugno 2023, in Svizzera vivevano più di nove milioni di persone. Nel 1995 erano ancora solo sette milioni. La rete autostradale oggi non riesce a tenere il passo con questa crescita demografica. A titolo di confronto, dal 1990 è cresciuta solo del 25%, mentre nello stesso periodo il volume di traffico è aumentato del 130%.
Riuscite ad immaginare di poter viaggiare da Berna a Zurigo il lunedì sera senza trovarvi almeno una volta in una colonna di veicoli? È impossibile.
È così che la storia della rete stradale nazionale svizzera ha avuto un inizio entusiasmante, che per lungo tempo ha permesso alla Svizzera di crescere economicamente, ma che nel frattempo è diventato uno dei pomi della discordia per la politica che si esprime sul tema in modo assai emotivo. Una cosa deve essere chiara: la scelta che saremo chiamati fare non riguarda l’ampliamento della rete autostradale. Si tratta semplicemente di salvarla dal collasso.