Imprese familiari, un patrimonio da valorizzare
testo a cura di Alessio Del Grande
Si è tenuta lo scorso giugno l’assemblea dell’AIF Ticino, l’Associazione che raggruppa le imprese familiari, ossia le aziende il cui capitale appartiene da generazioni ad una famiglia. Un’occasione importante per ricordare il peso e il ruolo di una realtà imprenditoriale che per il Cantone, come del resto per tutta la Svizzera, rappresenta l’ossatura del sistema economico.
Basta pensare che da sole le 67 aziende ticinesi affiliate all’AIF hanno registrato nel 2016 un fatturato di quasi 2 miliardi di franchi, impiegando 3’800 collaboratori. Sebbene il 62% circa delle imprese del nostro Cantone e il 78% su scala nazionale abbiano una struttura familiare, si tratta di una realtà che, purtroppo, è spesso sottovalutata, se non ignorata, dal mondo politico.
Eppure negli anni più duri di questa ultima crisi, quelli che vanno dal 2008 al 2015, con i contraccolpi dell’abbandono del cambio fisso tra franco-euro, sono state soprattutto queste imprese a salvaguardare in Svizzera i livelli occupazionali, fronteggiando problemi e difficoltà non da poco per continuare ad investire nell’innovazione e restare competitive.
Le aziende “family business”, che in Ticino sono il principale contribuente per il fisco, costituiscono un articolato tessuto economico molto diversificato che si estende ad ogni settore produttivo. Si va da esercizi commerciali storici con oltre un secolo di attività, all’industria che dà lavoro a centinaia di persone, dalla piccola azienda artigianale o agricola con pochi dipendenti al gruppo bancario e alla grande multinazionale come la Rochedella famiglia Hoffmann. Per la loro stessa natura, connotata dall’impronta familiare, queste imprese possono vantare un più forte legame con il territorio in cui hanno costruito la loro storia, con le comunità locali, con i propri dipendenti, i fornitori e i clienti. Il nome della famiglia contrassegna, insomma, una cultura imprenditoriale che evidenzia un forte senso di responsabilità sociale. Anche quando hanno una chiara vocazione internazionale, esse non trascurano quelle radici territoriali in cui continuano ad identificarsi. Oltre che un fattore decisivo per la stabilità economica, sono quindi anche un potente motore di crescita e coesione sociale.
Le imprese familiari si distinguono per una cultura imprenditoriale che evidenzia una forte responsabilità sociale.
Per gli investimenti più che all’indebitamento ricorrono all’autofinanziamento, lavorano dunque con i propri soldi, secondo una logica che va ben al di là del “corto terminismo” della redditività immediata, orientandosi invece sul lungo periodo, pensando alla generazione futura per garantire la continuità aziendale. Ma l’enorme potenziale delle imprese familiari è oggi mortificato da una politica federale sempre meno liberale, da una burocrazia ancora più invasiva, da restrizioni e vincoli amministrativi che ne limitano la competitività e le prospettive di crescita. E, come ha ricordato il Professor Marco Bernasconi all’assemblea dell’AIF, sono pesantemente penalizzate da una pressione fiscale che in Ticino colpisce in modo particolare questo modello aziendale, con un’aliquota sulla sostanza del 3,5 per mille, vale a dire la stessa del 1950, mentre quella sul reddito è scesa dal 18% al 17% soltanto per effetto della tassazione annuale. Un quadro sconfortante per un patrimonio economico e sociale che andrebbe invece valorizzato e sostenuto, sia nella successione generazionale, che rappresenta sempre uno dei momenti più delicati e complessi per queste imprese, sia nel salto tecnologico imposto dalla nuova economia digitale che sta trasformando radicalmente la produzione di merci e servizi.