Una riforma inevitabile ed equa
L’opinione di Glauco Martinetti, Presidente Cc-Ti
“La riforma, oltre che essere inevitabile ed equa, è quindi pure equilibrata. Incentiva le nostre aziende locali e dà gli strumenti per mantenere in Svizzera le società internazionali, altrimenti attratte da altri lidi. “
La campagna di votazione sulla Riforma III dell’imposizione delle imprese, su cui il popolo svizzero si esprimerà il prossimo 12 febbraio, presenta alcune caratteristiche quantomeno curiose. Gli oppositori alla riforma sono in larga misura gli stessi che da anni sostengono che la Svizzera deve conformarsi agli standard internazionali e introdurre una maggiore equità nell’imposizione fiscale. Elementi entrambi caratteristici del progetto in votazione, perché la riforma è proprio stata dettata dai nuovi standard fiscali internazionali ai quali la Svizzera, piaccia o no, deve conformarsi per evitare sanzioni che comprometterebbero in modo pesante la nostra competitività nel quadro mondiale. Inoltre, non si può negare l’equità della riforma, visto che essa eliminerà gli statuti speciali e quindi determinati privilegi invisi a molti, applicando lo stesso tasso di imposizione a tutte le persone giuridiche. Si tratta pertanto di una mossa obbligata ed equilibrata sui principi. Quanto alle cifre sollevate e alle presunte ricadute negative sulle persone fisiche, è opportuno sottolineare qualche cifra, visto che impropriamente si sottende sempre che le aziende non pagherebbero alcuna imposta né contribuirebbero alla politica sociale.
Lasciando da parte gli stipendi pagati, a loro volta elemento essenziale del gettito fiscale, le circa 24’000 imprese internazionali presenti in Svizzera e al beneficio di regimi fiscali speciali, generano il 50% delle spese private per la ricerca e lo sviluppo e danno lavoro a migliaia di PMI locali, che sono loro fornitori diretti o indiretti in beni e servizi. Dal punto di vista strettamente fiscale, benché queste società rappresentino soltanto circa il 7% del totale delle imprese in Svizzera, esse contribuiscono per quasi la metà alle entrate dell’imposta federale diretta (IFD) sull’utile, versando circa 5,3 miliardi di franchi di Imposta federale diretta. Mica noccioline. A cui vanno aggiunti evidentemente altri miliardi di entrate per cantoni e comuni. Infatti, a livello cantonale, tali aziende, pur rappresentando solo il 4,5% dei contribuenti, generano circa il 20% al gettito fiscale delle persone giuridiche. La stessa proporzione che vi è in Ticino, con 1’355 aziende che creano complessivamente un gettito fiscale di 166 milioni di franchi. E, sia detto chiaramente, queste società con la riforma in votazione saranno chiamate a versare più imposte. Altro che regali alle grandi aziende. Sì, perché le riduzioni dell’aliquota fiscale, per compensare l’aumento imposto alle cattive multinazionali e mantenere la già citata equità, andranno a beneficio delle PMI svizzere o, detto altrimenti con il lessico attualmente in voga, alle “nostre”. Elemento che dovrebbe rallegrare e non preoccupare chi su altri temi asserisce di preoccuparsi per l’integrità del territorio. E anche qui siamo molto lontani da regali fiscali, perché le aziende le imposte le pagano direttamente o permettono di pagarle (v. voce stipendi) e, giustamente, versano gli oneri sociali, si occupano della formazione, ecc. Il timore che la riforma possa creare voragini nei conti dello Stato è infondato. Ogni modifica della fiscalità, tanto più della sua struttura, cela inevitabilmente qualche incognita, ma finora le riduzioni fiscali hanno sempre portato a un aumento del gettito e non vi è ragione di pensare che questa volta vada diversamente. Va anche ricordato che nel contesto della riforma fiscale in votazione il canton Ticino riceverebbe annualmente circa 30 milioni di franchi supplementari dalla Confederazione. Parallelamente una modifica della perequazione finanziaria nazionale garantirà che il cantone continui a ricevere circa 18,7 milioni di franchi all’anno a titolo di compensazione. La riforma, oltre che essere inevitabile ed equa, è quindi pure equilibrata. Incentiva le nostre aziende locali e dà gli strumenti per mantenere in Svizzera le società internazionali, altrimenti attratte da altri lidi. Non è una minaccia, è la realtà di un contesto mondiale sempre più competitivo e prima di cacciarle con superficiale faciloneria magari sarebbe il caso di pensarci.