Una bussola per orientarsi nella ‘giungla’ delle certificazioni
Da anni la Cc-Ti è impegnata in una costante attività di sensibilizzazione delle nostre aziende sulla responsabilità sociale delle imprese (CSR). In collaborazione con il Cantone, associazioni e fondazioni, supporta anche gli imprenditori nell’implementare le buone pratiche della CSR, grazie ad un’offerta mirata di informazione e formazione. Un impegno che scaturisce dalla convinzione che sostenibilità e responsabilità sociale siano ormai elementi imprescindibili nelle strategie di crescita produttiva e di rilancio competitivo.
Oggi, tuttavia, non è per nulla facile orientarsi e scegliere tra le numerose certificazioni CSR (tra quelle volontarie delle stesse imprese e quelle invece richieste espressamente dal mercato), per comunicare all’esterno il valore, non solo economico, ma anche sociale e ambientale creato dall’azienda, rafforzando così la sua immagine e la sua reputazione. Tanto più che la responsabilità sociale è ora contemplata tra i requisiti previsti dalla nuova legge cantonale sulle commesse pubbliche. Un problema delicato e pressante per le aziende, a cui la Cc-Ti il prossimo 13 settembre dedicherà un evento di approfondimento, in collaborazione con la Divisione dell’economia del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE), la sezione ticinese della Società Svizzera impresari costruttori e la SQS, l’Associazione Svizzera per Sistemi di Qualità e di Management. Sarà un incontro incentrato proprio sugli interrogativi che si pongono tanti imprenditori: “Districarsi tra certificazione e labels in tema di CSR. Quali sono le certificazioni che contemplano gli indicatori CSR scelti per la nuova Legge sulle commesse pubbliche?”.
Come orientarsi, dunque, nella ‘giungla’ delle certificazioni?
“È oramai assodato che la CSR rappresenti un contributo delle aziende allo sviluppo sostenibile. Da alcuni anni la International Organization for Standardization (ISO), principale istituto di normazione con sede a Ginevra, ha allineato le proprie strategie all’Agenda Globale delle Nazioni Unite per il 2030 e ai suoi 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile. Come ISO, anche altri istituti di standardizzazione e normazione si sono attivati in tal senso. Ne consegue un progressivo e crescente sviluppo di standard certificabili e non certificabili, la cui scelta di adozione richiede un minimo di cultura sul tema”, risponde Silvio Genovese, membro della Direzione e responsabile di Divisione della SQS, che sarà tra i relatori dell’incontro di settembre. Con lui facciamo il punto su una materia complessa che investe sempre più direttamente l’attività imprenditoriale.
Per orientarsi in questa ‘giungla’, spiega Genovese, è necessario in primo luogo fare i conti con i bisogni delle imprese, con la visione strategica a medio e lungo termine in relazione alle tendenze di mercato, ma anche con lo status quo dell’azienda dal punto di vista organizzativo e culturale. “L’adozione di standard ISO e loro certificazione è una scelta strategica- puntualizza-. Se la loro implementazione avviene con convinzione e consapevolezza, può innescare una virtuosa trasformazione organizzativa e culturale delle aziende e della loro catena di fornitura. È pertanto importante che i vertici aziendali guidino questa scelta con senso di responsabilità e consapevolezza”.
Se la CSR è un requisito con cui tutte le aziende devono confrontarsi, allo stesso tempo si assiste, però, ad un proliferare di consulenti, esperti ed enti certificatori. Perciò, non è sempre facile la scelta giusta. Come capire cosa fare, come fare e, soprattutto, con chi fare?
“Data la complessità del tema, è probabile che l’azienda non disponga al suo interno di tutte le competenze necessarie per destreggiarsi tra i vari requisiti normativi, pertanto, l’accesso a consulenti esterni o a esperti in materia diventa una necessità – afferma Genovese -. È doveroso però fare una distinzione di ruoli tra consulenti, esperti, personale di organismi di certificazione non accreditati e personale di organismi di certificazione accreditati. Le persone appartenenti a quest’ultima categoria, di cui anche l’organismo SQS che rappresento fa parte, sono sottoposti a rigorosi processi di qualifica e valutazione e a vincoli di imparzialità, verificati ciclicamente dagli enti di accreditamento nazionali (in Svizzera il Servizio Svizzero di Accreditamento – SAS), che per tutte le altre categorie menzionate non sono richiesti”.
Ne consegue che gli interlocutori degli organismi di certificazione accreditati siano esperti in materia, in grado di fornire informazioni imparziali, affidabili e utili per approcciarsi al tema, per svolgere attività di valutazione, ma non autorizzati a supportare le aziende con servizi di consulenza. “La separazione dei ruoli deve essere netta -avverte-. Se l’azienda necessita di un supporto consulenziale è bene appoggiarsi a soggetti conosciuti sul territorio e ben referenziati, incentrando i criteri di scelta su professionalità ed esperienza delle persone coinvolte, piuttosto che ricercare il prezzo più basso o il risultato più facile. L’approccio alla sostenibilità comporta una conoscenza totale dell’azienda e dei suoi processi, oltre che la condivisione di informazioni sensibili. Per questo è necessario essere accompagnati da soggetti e istituzioni riconosciuti ed affidabili”.
Dal 2021, con la nuova legge cantonale sulle commesse pubbliche, la CSR è un criterio previsto anche nei bandi dei concorsi pubblici. Al riguardo la Cc-Ti, assieme al DFE e alla SUPSI, ha sviluppato un modello online di “Rapporto sulla sostenibilità”, con relativa “Dichiarazione di conformità”, rilasciata dalla stessa Cc-Ti. Uno strumento che si sta rivelando di grande utilità pratica per le aziende.
“La scelta di stimolare le aziende che forniscono beni e servizi alla collettività ad affrontare le tematiche di CSR è un’iniziativa importante – osserva Genovese -. Il modello di rapporto, sebbene definito ‘semplificato’ è comprensivo di tutte le problematiche principali in ambito CSR, pertanto rappresenta uno strumento efficace e di semplice implementazione per avviare un processo di sviluppo sostenibile per le PMI. Il rapporto rappresenta un importante strumento di dialogo per più categorie di stakeholder: collaboratori, clienti, fornitori, enti finanziatori, enti pubblici e media. La certificazione della Cc-Ti è un ulteriore valore aggiunto che permette alle aziende di rendere lo strumento non autoreferenziale e pertanto più credibile, consentendo loro il diretto accesso alle commesse pubbliche con informazioni verificate”.
Ma quali sono gli elementi chiave a cui bisogna prestare maggiore attenzione tra i numerosi indicatori della CSR che figurano nella nuova legge sulle commesse pubbliche?
Secondo Genovese, tutte le tematiche sono importanti e la scala di priorità può variare da azienda ad azienda in base al momento storico in cui esse si trovano a vivere. Certamente tutto ciò che viene dichiarato nella stesura del rapporto deve essere veritiero, omettere questioni rilevanti mina la reputazione dell’azienda. “La trasparenza- precisa- è uno degli elementi vincenti nel processo di rendicontazione. Altrettanto fondamentale è definire obiettivi di sviluppo coerenti con le possibilità dell’azienda. Portare a termine gli impegni presi è sinonimo di credibilità e affidabilità. In ambito di sviluppo sostenibile fare poco e bene è decisamente meglio che voler strafare e non riuscire nell’intento”. A tale proposito, va sottolineato che con il rapporto di sostenibilità semplificato si ottiene il punteggio massimo già soddisfacendo i requisiti di 25 indicatori su 30.
Oggi, sotto la pressione di un’opinione pubblica sempre più sensibile ai temi della responsabilità sociale e della sostenibilità ambientale, le imprese spesso vogliono avere più certificazioni per conseguire un ulteriore valore aggiunto in termini di reputazione, immagine e competitività. La sfida è selezionare e conseguire gli attestati più idonei a raggiungere questo obiettivo. Ma le certificazioni richiedono impegno e risorse.
Il vero problema, però, non è di quante certificazioni disponga un’azienda, ma di quanto riesca a fare di queste certificazioni un investimento, spiega Genovese: “L’efficacia dell’investimento, nel caso delle certificazioni si misura con il miglioramento dell’impatto sociale, ambientale ed economico nel lungo periodo. Indipendentemente da quante certificazione ha un’impresa, se migliora la propria organizzazione, acquisisce quote di mercato, risponde alle richieste di shareholder e stakeholder e non da ultimo, consolida il proprio capitale reputazionale”.
Il responsabile di Divisione della SQS sbarazza il campo anche da un altro luogo comune secondo cui la CSR riguardi solo le medie e grandi aziende. In realtà ha, invece, un peso e un’importanza crescenti anche per le piccole imprese, che possono contare su molteplici sostegni per implementare le buone pratiche della responsabilità sociale. Genovese ricorda opportunamente che il tessuto dell’economia ticinese è formato per lo più da piccole e medie imprese che sono gli elementi fondanti della catena di fornitura delle medie-grandi aziende, e le politiche CSR di queste ultime devono tenerne conto. Il progressivo coinvolgimento di tutti i soggetti della catena di fornitura da parte delle medie-grandi imprese rispetto ai temi della CSR è pertanto fondamentale. “La piccola impresa che si trova ad affrontare le tematiche CSR -dice- dovrà fare delle scelte di priorità, procedendo per gradi e con il sostegno di Governo, università, associazioni economiche e istituti finanziari attraverso iniziative di formazione, informazione e incentivi economici. Va ribadito che la diffusione dei temi CSR necessita del contributo di tutti gli attori economici”.