Locale e internazionale
L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
“La sfida è trovare un equilibrio tra mercato locale ed esportazioni.”
Le ampie discussioni sugli Accordi bilaterali, sull’applicazione dell’immigrazione di massa e tutto quanto ruota attorno alle questioni internazionali dimostrano quanto sia delicato il tema, sia a livello federale che cantonale. Il Ticino lo ha dimostrato qualche giorno fa, se ancora ce n’era bisogno, con l’adozione massiccia dell’iniziativa “Prima i nostri”.
La contrapposizione fra locale e internazionale è ormai diventata il “leit-motif” della discussione politica. Dal punto di vista dell’economia le preoccupazioni, contrariamente a quanti superficialmente sembrano credere, non riguardano solo il reclutamento di personale straniero, bensì in modo più generale le condizioni in cui si può operare in Svizzera e all’estero, gli Accordi di libero scambio essenziali per un’economia nazionale e cantonale votata all’esportazione, i rapporti di concorrenza con il resto del mondo, ecc.. Poca roba per chi pensa che il mondo si fermi ad Airolo.
Si tratta invece di questioni fondamentali per tutta l’economia e quindi anche per il Paese. Perché una delle prima sfide per le associazioni che si occupano di politica economica generale come la nostra, è di trovare un equilibrio fra chi è prevalentemente attivo sul mercato locale e chi invece vive di esportazione, parzialmente o totalmente. E la sfida non riguarda solo il Ticino ma tutta la Svizzera. Le tanto deprecate multinazionali (di regola industriali) sono fenomenali vettori di lavoro per il mercato locale e per tutti i settori, dal commercio all’artigianato, passando per i servizi e altri settori industriali. A titolo di esempio, e fatte le debite proporzioni, un colosso come Procter & Gamble a Ginevra dà lavoro a quattrocento (400) aziende locali. Credo non siano necessari troppi commenti per cogliere le implicazioni di questo dato. Forse anche quelli che, con faciloneria, vorrebbero cacciare società di questo genere dovrebbero fare un piccolo sforzo di immaginazione per comprendere la realtà delle cose. Poi si può discutere di gettito fiscale, di mercato del lavoro, ecc. ma è un fatto che ignorare l’interconnessione fra mercato locale e internazionale è un errore capitale. Anche perché, sia detto per inciso, vi sono una marea di PMI di altissimo livello e di dimensioni ridotte che operano nel contesto internazionale, non sono solo le cattive multinazionali a farlo.
Il nostro impegno va quindi su entrambi i fronti, cercando di comprendere talune esigenze di protezione di alcuni settori e quelle di altri invece orientate ad avere meno regole. Una sfida non da poco ma appassionante, perché richiede un equilibrio di valutazione, di giudizio e di azione che fa parte ormai del nostro DNA e di tutte le Camere di commercio e dell’industria svizzere. Sembrano magari parole un po’ generiche, ma è difficile essere brevi e concreti su temi dalle mille sfaccettature e tanto complessi. Peccato che non lo capiscano i sempre più numerosi paladini di soluzioni da applicare con sprangate distribuite indistintamente a tutti. Fa sorridere (amaro) che molti che invocano i valori patriottici svizzeri siano poi in prima fila per proporre cose che violano la Costituzione federale. Quella svizzera per intendersi, non le regole dell’Unione Europea. Magari sarebbe il caso di pensarci, la prossima volta. Perché se anche gli Accordi bilaterali (tutti, non solo quello sulla libera circolazione delle persone) non sono né devono essere un tabù, attendo sempre che qualcuno indichi un’alternativa valida per regolare i rapporti con il nostro più importante partner commerciale. A quel punto si potrebbe iniziare a discutere con cognizione di causa. Nel frattempo noi continuiamo imperterriti a sostenere sia che opera localmente che chi si dedica all’esportazione. Perché sono due facce di una stessa medaglia. Per il momento ancora d’oro, più in là si vedrà, nuove regole permettendo.