Contro il dumping salariale, per le libertà
L’opinione di Luca Albertoni, Direttore Cc-Ti
“La libertà imprenditoriale non può essere vigilata o condizionata”.
Fra qualche giorno voteremo su vari temi, sia a livello federale che cantonale, che potrebbero portare a profondi cambiamenti, a mio avviso negativi, in molti ambiti cruciali della struttura elvetica. Dall’AVS all’energia, passando per il mercato cantonale del lavoro.
Ritengo utile spendere ancora qualche parola sull’iniziativa “Basta con il dumping salariale il Ticino”, che si prefigge l’adozione degli “invidiabili” modelli italiano o francese (con tutto il rispetto per queste grandi nazioni), fatti di norme rigidissime, cultura del sospetto, controlli a tappeto anche laddove non necessario e cose del genere. Azzerando di fatto non solo la libertà economica e imprenditoriale sancita dall’articolo 27 della Costituzione federale, bensì annichilendo di fatto anche il partenariato sociale in nome di uno sproporzionato statalismo. Poco importa che livelli salariali bassi non siano sinomimo di dumping, tutto fa brodo. Sia chiaro, la lotta agli abusi va combattuta senza riserve e il mondo imprenditoriale serio ha sempre “giocato il gioco”, dimostrandosi collaborativo e responsabile. Risulta pertanto urtante che l’iniziativa in questione proponga modelli che hanno ampiamante dimostrato di non funzionare, sia in termini di sviluppo economico che di controlli e di prevenzione tout court. Ottenendo addirittura effetti contrari a quelli auspicati. Affossare il modello elvetico, che funziona, per meri calcoli di bottega e qualche simpatia totalitaria sarebbe assolutamente fuori luogo. Chi sgarra va punito, nelle adeguate sedi civili, penali e amministrative, su questo non si discute. Ma fare il processo alle intenzioni e sanzionare a priori i datori di lavoro è assolutamente sproprozionato e non coerente con le altre libertà costituzionali che permettono, giustamente, a politici, gionalisti, sindacalisti ecc. di sbagliare nell’esercizio delle loro libertà. Diritto che non sarebbe più riconosciuto a chi crea posti di lavoro e ricchezza del paese. Surreale. La libertà imprenditoriale non può essere „vigilata“ o condizionata, a meno che si creda ciecamente nell’economia pianificata e nelle virtù taumaturgiche dello Stato che decide a priori chi è bravo e chi è cattivo. Non a caso nel dibattito concernente la votazione si parla comunque sempre della cattiva economia privata, quando l’economia ha una parte pubblica e parapubblica non da poco e che non sempre fa la figura di prima della classe ineccepibile quale datore di lavoro. E’ normale che sia così, la componente umana è decisiva in ogni settore e considerando che siamo tutti fallibili nessuno è esente da pecche. Come dimostrano anche alcuni casi che hanno coinvolto ambienti politici e sindacali a livello nazionale negli scorsi giorni, all’insegna del “predico bene ma razzolo molto, ma molto male”. Le contrapposizioni strumentali e le formule facili sono oggi paganti alle urne ma terribilmente riduttive. E’ quindi decisamente preferibile il controprogetto all’iniziativa „Basta con il dumping salariale in Ticino”. Esso mira infatti a rafforzare il partenariato sociale e prevede un aumento dei controlli, sacrosanto e sempre sostenuto dal mondo imprenditoriale perché commisurato alle esigenze che emergono dall’osservazione del mercato del lavoro e non stabilito in modo forfettario. Quindi decisamente più efficace. A tutela di equilibri fragili, dipendenti da tanti fattori e non figli delle semplificazioni che taluni politici amano tanto, dimenticando la visione del sistema. L’iniziativa „Basta con il dumping salariale in Ticino” va pertanto rigettata, mentre va sostenuto il relativo controprogetto.