Nessun taglio, solo controllo dell’aumento della spesa
Comunicato stampa su uno dei temi in votazione il 15 maggio 2022
Il prossimo 15 maggio 2022 il popolo ticinese è chiamato a votare sul decreto legislativo “per il pareggio del conto economico del Cantone entro il 31 dicembre 2025, con misure di contenimento della spesa e senza riversamento di oneri sui Comuni”.
Lo scopo del decreto, come chiaramente indicato nel testo in votazione, non è quello di tagliare prestazioni e penalizzare le fasce più deboli, tanto che non taglia alcuna spesa e non riduce alcun aiuto rispetto a quanto in vigore oggi con le attuali leggi.
Si tratta semplicemente di:
- risanare le finanze pubbliche spendendo con più oculatezza i soldi dei contribuenti, senza aumentarne il carico fiscale;
- bloccare il meccanismo che oggi porta lo Stato a spendere di più di quanto non incassi, utilizzando meglio le risorse necessarie per intervenire in modo mirato ed equilibrato laddove necessario.
Impiegare con maggiore senso di responsabilità le risorse messe a disposizione dello Stato dai cittadini e dalle imprese è un dovere anche verso le generazioni future.
La presunta “macelleria sociale” sbandierata dai referendisti è pura demagogia. Non vi saranno tagli nel sociale, nella sanità, nella formazione e in generale nei servizi al cittadino, settori per i quali la crescita della spesa è al contrario costante. Il contenimento della spesa non significa tagliare, ma solo rallentarne la crescita con un utilizzo più ponderato e oculato dei mezzi a disposizione. L’aumento incontrollato della spesa è spesso legato a decisioni politiche più dettate da un calcolo opportunistico che da reali necessità.
Le manovre di rientro degli anni scorsi sono riuscite a riportare in equilibrio i conti pre-pandemici dello Stato, ma la situazione delle finanze cantonali rimane fragile.
È un fatto però che oggi la spesa per i dipendenti pubblici, per il funzionamento della macchina dello Stato e per i sussidi (le tre voci che possono essere oggetto di misure di contenimento) in dieci anni è aumentata di oltre il 30%, in cifre: 709 milioni di franchi.
Anche per i contribuenti ticinesi rispetto al 2010 il carico fiscale è aumentato di 364 milioni di franchi in un decennio.
Senza dimenticare una voce spesso ignorata, cioè quella delle varie tasse (non le imposte), aumentate senza necessità di consultazione popolare e che sono lievitate di 63 milioni di franchi rispetto al 2010. Significativo è che le imposte pagate dai contribuenti ticinesi (senza tenere conto delle imprese) non basta per pagare i salari e i costi derivanti dai salari degli impiegati pubblici.
In questo contesto è più che ragionevole sostenere una proposta che mira a limitare l’aumento incontrollato della spesa, senza toccare le fasce più deboli e le necessità manifeste, che obbliga a utilizzare i soldi dei contribuenti solo per interventi necessari e che impedisce aumenti di imposte che colpirebbero in maniera importante le cittadine, i cittadini e le aziende.
Le strumentali accuse al mondo economico di avere sfruttato lo Stato durante la pandemia, tagliandone ora le risorse non ha alcun fondamento per tre motivi:
- I crediti concessi alle aziende sono da rimborsare e non costituiscono regali;
- Non sono stati regali nemmeno gli aiuti IPG e del lavoro ridotto, visto che si tratta di assicurazioni finanziate con i mezzi delle aziende e delle/dei dipendenti a tutela dei posti di lavoro;
- I contributi a fondo perso sono andati a chi è stato costretto a chiudere per decisione dell’Autorità e si è trovato impedito per ordine superiore a esercitare la sua attività. Un’indennità più che dovuta.