Il mercato del lavoro del futuro
Il mercato del lavoro elvetico è in continua evoluzione e molteplici sono i cambiamenti in atto (condizionati anche dal COVID-1, da nuove dinamiche comunicative, dall’incalzare dello smart working, ecc.). Quali sono le conseguenze di queste trasformazioni? La carenza di manodopera qualificata lamentata dalle aziende è un fenomeno diffuso uniformemente in tutta la Svizzera o il Ticino si trova, per esempio, in una posizione diversa? È possibile pensare a delle proposte di soluzioni per questa situazione? Quali sono attualmente le figure professionali più ricercate nel nostro territorio?
Abbiamo risposto a questi e altri quesiti nel webinar del 29 novembre scorso, organizzato dalla Cc-Ti, nel quale sono intervenuti, presentando i risultati di due studi condotti a livello internazionale e nazionale, Aldo Camuso, Regional Manager The Adecco Group Switzerland; Annalisa Job, VP Marketing and Communication The Adecco Group Switzerland; e Silvia Tosetti, Branch Director Adecco Human Resources SA; introdotti da Lisa Pantini, Responsabile Relazioni con i soci Cc-Ti.
Il mercato del lavoro è in perenne sviluppo: alcune professioni stanno cambiando, altre scomparendo, varie invece stanno nascendo.
In Svizzera, si prevede che entro il 2030 grazie alla digitalizzazione verranno creati nuovi posti di lavoro (con una quota circa del 20%), della stessa percentuale saranno però quelli che, sempre a causa dell’avvento dell’economia digitale, svaniranno.
L’invecchiamento della popolazione porterà, a sua volta, ad una riduzione di approssimativamente 500’000 persone professionalmente attive, provocando inevitabilmente una sempre maggiore carenza di competenze specifiche.
Gli studi presentati – e svolti recentemente in collaborazione con l’Università di Zurigo – hanno avuto lo scopo di identificare i cambiamenti negli atteggiamenti dei lavoratori durante il periodo pandemico e l’impatto che questo ha avuto per le aziende. Ad essere intervistate sono state 1’000 persone per 8 diversi Paesi (8’000 in totale) di età compresa tra i 18 e i 60 anni. I criteri richiesti per poter partecipare alla ricerca sono stati quelli di svolgere una professione d’ufficio, essere impiegati almeno 20 ore la settimana e aver riscontrato delle ripercussioni nella propria quotidianità lavorativa in seguito alla diffusione del Coronavirus.
I risultati ottenuti evidenziano come il 49% degli impiegati predilige l’home office, fatta eccezione per la categoria dei giovani che preferisce ampiamente la presenza in ufficio. Le aspettative espresse dagli intervistati sono state una maggiore diffusione di modelli di lavoro flessibile, l’abolizione dell’orario fisso, una formazione specifica sul digitale e una particolare attenzione verso l’intelligenza emotiva.
8 persone su 10 hanno dichiarato di essere ben organizzate nell’assolvimento da casa delle proprie mansioni senza riscontrare significative perdite di produttività ma anzi, riuscendo a svolgere la medesima mole di lavoro in meno di 40 ore settimanali.
Riguardo all’attuale e sempre più diffuso tema della salute mentale, 3 intervistati su 10 hanno ammesso che il proprio benessere psicologico è generalmente peggiorato negli ultimi 12 mesi.
Una seconda indagine, svolta con l’istituto di sociologia dell’Università di Zurigo tramite il Job Market Monitor Svizzera (SMM), indagava la questione della carenza di competenze professionali (si intende, ossia, che la domanda di lavoratori è al momento maggiore dell’offerta in determinati gruppi professionali).
Questa dinamica si ritrova sia in Svizzera che in Ticino, e comporta per i lavoratori una crescente facilità nella ricerca di un impiego e un aumento del potere contrattuale. Le aziende sono invece, di riflesso, confrontate con una seria difficoltà nel reclutamento di dipendenti qualificati, con una riduzione del potere contrattuale e con costi elevati se alcune posizioni restano scoperte.
A livello politico e finanziario, la presenza di posti vacanti rallenta la performance economica e i fondi della sicurezza sociale vengono eccessivamente sollecitati dall’alto numero di disoccupati.
Nel 2021 i profili più ricercati a livello svizzero sono stati i seguenti: professionisti nel campo dell’ingegneria (architetti, ingeneri meccanici, agronomi, ecc.), lavoratori informatici (programmatori, analisti, webmaster, ecc.), tecnici (elettrotecnici, tecnici di veicoli/aeronautica, tecnici tessili, ecc.), medici e farmacisti, esperti fiduciari (periti contabili, revisori, fiduciari, ecc.). Quelli meno richiesti invece: professionisti commerciali e amministrativi (impiegati di commercio e amministrazione, contabili, ecc.), impiegati alberghieri e dell’economia domestica (esercenti di ristoranti e alberghi, personale di cucina o servizio, ecc.), persone attive nell’ambito della pulizia, dell’igiene e della cura della persona (custodi, parrucchieri, estetiste, ecc.), lavoratori nell’industria delle costruzioni (conduttori, costruttori, meccanici, ecc.) e specialisti di commercio e vendita (cassieri, impiegati di commercio al dettaglio, ecc.).
In Ticino i settori che attualmente faticano maggiormente nel reperire mano d’opera competente sono quello informatico e tecnico (ambiti: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), quello industriale (per funzioni specializzate), quello sanitario e dell’«Accounting & Finance» per i ruoli di analisi.
Per contro molte sono le persone interessate ad un’occupazione nell’hospitality, nei servizi alla persona, in ufficio e nell’amministrazione.
Sul territorio si è constatato che le aziende pubblicano in media meno offerte di lavoro e lo fanno con una frequenza ridotta, ciò è imputabile all’utilizzo di canali diversi rispetto ai classici annunci sui quotidiani o online (fermo restando per quelle professioni che soggiacciono all’obbligo di annuncio dei posti vacanti).
Lo sviluppo delle persone in cerca di un impiego è tuttavia simile a quello del resto della Svizzera, così come il tasso di disoccupazione di poco superiore al dato elvetico (2.7% in Ticino, 2.5% in Svizzera).