Contratti collettivi per tutti?
Una scheda redatta dall’Avv. Michele Rossi, Delegato alle relazioni esterne Cc-Ti. Scopriamo i dettagli.
I contratti collettivi di lavoro (CCL) rappresentano uno degli strumenti con cui le parti sociali, a volte, strutturano i reciproci rapporti e quelli tra aziende e lavoratori. È una possibilità esplicitamente prevista dal Codice delle obbligazioni. Infatti, l’art. 356 CO recita: “Mediante contratto collettivo di lavoro, datori di lavoro o loro associazioni, da una parte, e associazioni di lavoratori, dall’altra, stabiliscono in comune disposizioni circa la stipulazione, il contenuto e la fine dei rapporti individuali di lavoro tra i datori di lavoro e i lavoratori interessati”.
Già da questa definizione si evince che non tutti possono validamente sottoscrivere un CCL. In effetti la legge stabilisce che le parti ad un CCL possono essere i datori di lavoro o le loro associazioni da un lato, e le associazioni di lavoratori dall’altro lato, i sindacati per intenderci. Quindi affinché si possa parlare di CCL, il medesimo deve essere sottoscritto da un sindacato, non dai lavoratori medesimi. Questa condizione pone un importante quesito: chi sono le associazioni di lavoratori e come vengono definite?
Si tratta di una questione certamente rilevante in quanto senza un sindacato validamente riconosciuto non può essere firmato alcun CCL.
Ora, la dottrina e la giurisprudenza hanno affrontato il tema e formulato diversi criteri che permettono di valutare se un sindacato deve essere riconosciuto come parte sociale al fine di partecipare a negoziati collettivi volti a concludere un CCL. Eccone alcuni.
Innanzitutto, il sindacato deve essere sufficientemente rappresentativo. Ciò significa che l’organizzazione deve perlomeno essere il portavoce di una minoranza di lavoratori e non di semplici individui isolati. La giurisprudenza non ha fissato soglie quantitative minime generalmente applicabili. Al riguardo è stato però precisato che un sindacato non deve rappresentare per forza un’importante minoranza di lavoratori di una singola azienda soprattutto se gode di una rappresentatività sufficiente a livello cantonale e/o federale. Oltre ad essere rappresentativo un sindacato deve essere indipendente, nel senso di tutelare liberamente i lavoratori rappresentati nei confronti del datore di lavoro, e leale. Tale condizione di lealtà implica che il sindacato sia disposto a rispettare tutti gli impegni derivanti dal CCL e, in generale, sia un partner sociale degno di fiducia nel dialogo tra le parti. È già stato stabilito che un sindacato non può essere considerato sleale solo perché si trova in lite con alcuni dei suoi affiliati, non avendo tali controversie nessuna rilevanza per il comportamento dell’organizzazione quale parte sociale.
Essendo la rappresentatività, l’indipendenza e la lealtà, principi giuridici indeterminati essi vanno applicati e concretizzati ogni volta sulla base delle singole fattispecie, tenendo conto di tutte le peculiarità del caso.