Filiere produttive, l’anima dell’economia mondiale
Se le filiere produttive caratterizzano e marcano oggi la forza economica dei singoli Paesi, la supply- chain globale, ovvero la grande catena internazionale di approvvigionamento, produzione, logistica e distribuzione, ridisegna di continuo la mappa degli interessi strategici degli Stati e i nuovi assetti geopolitici.
Il devastante impatto della pandemia innescata dal Coronavirus ci ha fatto vedere concretamente quanto sia interconnessa e interdipendente l’economia mondiale. Ci ha mostrato come la produzione e la commercializzazione di merci e servizi si sviluppano lungo un sistema reticolare di filiere che si estende su tutto il pianeta. Sempre attivo 24 ore su 24 per 365 giorni all’anno. Ci ha brutalmente messo davanti al fatto che gli scompensi e le rotture anche in un solo punto di questa rete planetaria si ripercuotono non solo sulla vita delle imprese ma sull’esistenza quotidiana di noi tutti.
Cosa sono le filiere produttive
In generale, col termine filiera produttiva s’intende tutto il processo che trasforma una materia prima in un prodotto finito. In poche parole, la successione delle diverse fasi di lavorazione. Dal profilo strettamente operativo si possono distinguere: la produzione e la lavorazione della materia prima, la ricerca per migliorare questa materia prima, i servizi per accrescere la qualità del prodotto finale, la logistica per le forniture, la conservazione e la distribuzione del prodotto e, infine, la sua commercializzazione sui mercati più convenienti per massimizzarne il valore. Questo processo può essere dimensionato su scala locale, nazionale oppure internazionale.
Un esempio classico, quello del tessile, aiuta a chiarire meglio le idee. Per la produzione dei tessuti di lana, la filiera inizia dall’allevamento e dalla tosatura delle pecore. La lana, dopo il lavaggio e la selezione, viene venduta alle aziende che la filano, queste ultime la rivendono alle imprese di tessitura che cedono poi il loro prodotto alle industrie che confezionano abiti e altri capi d’abbigliamento. Tutte le fasi di questa lunga lavorazione possono essere eseguite in un solo Paese così come su scala transnazionale: pecore allevate e tosate in Australia o in Nuova Zelanda, filatura in Cina, tessitura in qualche altra regione dell’Asia, confezionamento degli abiti in Romania, distribuzione in Europa e nelle Americhe. Inoltre, la catena del tessile può anche incrociarsi con quella del mobile e dell’arredamento.
Le differenti attività che danno vita ad una filiera sono effettuate da imprese diverse che lavorano in modo integrato. Produrre in filiera, oltre a massimizzare sul mercato il valore economico del prodotto, eliminando, o quantomeno riducendo, le diseconomie nei vari passaggi, permette anche di garantire in ciascuno di essi una suddivisione dei benefici commisurata ai rischi imprenditoriali assunti. Ogni fattore che crea valore per tutto il processo produttivo viene, quindi, adeguatamente remunerato.
Tipologie di filiere
Il modello delle filiere si ritrova in tutti i settori, dall’agricoltura all’industria e al terziario, e rappresenta di fatto il tessuto connettivo di un sistema economico avanzato. Le imprese che eseguono una o più fasi dell’attività della filiera sono integrate in senso verticale nel processo che porta alla realizzazione di un bene oppure in senso orizzontale operando nello stesso stadio di un ciclo produttivo. Ovvio che con la globalizzazione una stessa filiera può essere localizzata ed estendersi, come già detto, in Paesi diversi o addirittura su più continenti. Da questo punto di vista si distinguono filiere corte o lunghe, a seconda del numero di passaggi necessari per arrivare alla vendita del prodotto finale. Nelle prime, molto diffuse in agricoltura per i prodotti che non richiedono processi di trasformazione, c’è una relazione pressoché diretta tra chi produce e chi consuma; nelle seconde si registra invece la presenza di un numero molto più elevato di imprese e di intermediari, ed è anche molto più grande la distanza tra il luogo di produzione e quello del consumo. Ci sono, tuttavia, produzioni in cui i due modelli possono coesistere in uno stesso contesto, poiché le aziende possono trovare conveniente sfruttare le opportunità offerte da entrambi.
La lunghezza della filiera e la distanza tra le imprese che ne fanno parte incidono sul prezzo finale del bene. Che sia corta o lunga, tra gli altri vantaggi di questa lavorazione c’è anche la tracciabilità del prodotto, elemento quest’ultimo che, soprattutto nel comparto agroalimentare, ha acquistato sempre più rilevanza.
Il rapporto col territorio
Tutte le tipologie di filiera possono essere più o meno efficienti a dipendenza delle situazioni locali e dei mercati in cui operano. Tra queste catene produttive e il territorio c’è difatti un rapporto molto stretto. Lo sviluppo delle prime può favorire o condizionare lo sviluppo dell’altro e viceversa, innescando una relazione virtuosa. Le filiere possono essere il motore della crescita economica di una regione, in termini di occupazione, redditi, innovazione, formazione della manodopera e ricchezza pro capite. Un motore che gira tanto più veloce quanto più un territorio supporta le imprese con infrastrutture moderne, servizi efficienti e agevolazioni alle attività produttive.
La presenza su un territorio circoscritto di forti raggruppamenti di aziende orientate su una stessa produzione dà vita ai cosiddetti distretti industriali. Realtà connotate da un’elevata specializzazione (risultato di una più efficace divisione del lavoro), da una maggiore circolazione delle informazioni, dall’ottimizzazione delle relazioni culturali e istituzionali locali e dalla più facile acquisizione di competenze professionali e sociali. Qualità che nel loro insieme proiettano con successo le aziende del distretto anche su quei mercati internazionali che sembrerebbero irraggiungibili se si guardasse soltanto alle loro dimensioni.